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domenica 12 giugno 2011

La vergogna del dolore

Nascondiamo il nostro dolore agli occhi della gente.

Lo mascheriamo con i sorrisi o con splendidi progetti da condividere con gli altri.

Mettiamo il nostro dolore in cantina come da bambini ci veniva intimato di non dare troppi dispiaceri a mamma e papà piangendo.

Così ci disumanizziamo lentamente. Scompaiono compassione, empatia, capacità di provare emozioni, di amare.

PNL, psicofarmaci, lavoro, soldi, sesso, potere...

Cose che in altri contesti hanno un senso, vengono messi al servizio dell'EGO per permettergli di continuare la sua contorta storia: la storia in cui non si guarda al dolore che potrebbe farlo crollare.

L'essenza, libera dal peso del dolore liberato e dall'Ego nutrito da questa lotta contro il dolore, avrebbe spazio.

Troppo rivoluzionario, ancora oggi come 2000 anni fa....

sabato 26 marzo 2011

Il dolore che non vivi

Facciamo di tutto per non entrare nel dolore,
ma se le lacrime fossero le nostre compagne di viaggio più preziose?
Se questo dolore, vero, fosse meglio di tanti fonti sorrisi, finti abbracci, finti baci?

La sua verità credo che stia in questo: che nuotando in esso, in certi giorni affogandoci, in altri annaspando, in altri ancora maledendo la propria strada - sopravvivendo ad esso, arrivano verità importanti che portano la nostra vita ad un altro livello.

Ma perchè questo succeda dobbiamo prendercelo in carico, dirgli: "sono qua, ti aspetto, ti rispetto.

Ogni stagione, ogni ora, ogni omento - anche quello che dovrebbe essere il più felice per la stupida mente,
ogni momento è quello buono perchè arrivi.

E se gli diamo un posto nel banchetto più o meno ricco della nostra vita
lui dopo ci ripagherà,
con un qualcosa di cui forse non sappiamo ancora apprezzarne il valore.

Ma il dono arriva sempre
da mettere da parte
in attesa di momenti migliori.

Il dolore è come un seme
Come il seme in inverno.

Da custodire con cura.
Con amore

Un amore che in certi giorni, ancora non sappiamo liberare.

giovedì 26 agosto 2010

Il fantastico mondo di Ken e Barbie

Sempre di più il dolore viene espresso sotto forma di rabbia o sessualità.

Alcuni più evoluti lo coprono con finti sorrisi o estenuanti lamenti.

Tutto questo non ha che un risultato: allontanare gli altri o tenere vicino solo persone che parlano lo stesso linguaggio.

Personalmente mi fido solo di chi mi mostra un pò del suo dolore, che mi dice dove lo faccio soffrire senza vendicarsi, che mi dice dove ha bisogno di me, che mi dice quanto sono importante (e quindi quanto potrei di conseguenza ferirlo).

Non serve che mi dica che sono la persona più importante. Basta anche solo un pò.

Senza quel minimo, la relazione è fredda, io non so chi ho davanti e devo fermarmi dopo aver scoperto un pò il fianco.

Esprimere il proprio dolore all'altro con appropriatezza: questa è un'arte che manca clamorosamente nella nostra società.
E che in ogni modo ci viene mostrato come non impararla...

Peccato: rinunciamo a vivere la nostra vita, le nostre relazioni, il tempo che ci resta.

Invecchiare sotto finti sorrisi, o rigogliose espressioni sessuali, o patetiche lacrime, o estenuanti attacchi aggressivi, e non trovare mai pace dietro tutto questo.

Come i mobili che vengono erosi dalle tarme: aprire le porte e portare aria, luce e attenzione anche con l'aiuto di qualcuno.
Questa potrebbe essere una bella risposta.

lunedì 22 febbraio 2010

Una vita di ricordi felici

Ogni passato ha persone che si sono comportate bene e male.

In ogni vita ci sono persone che hanno inferto dolori e profonde gioie.

Possono essere i genitori, i fratelli, amanti, amici...

A volte ci hanno dato motivo di gioia intensa.

A volte ci hanno aperto le porte dell'inferno, e ci siamo caduti rovinosamente per un istante o per mesi, o per anni...

Eppure la nostra vita è semplicemente la somma algebrica di questi istanti, nei nostri ricordi.

Ricordati dei momenti felici, di quando brillavano gli occhi della persona che ti guardava, di quando ti sorrideva, di quando ti mostrava il suo amore.
Ricordati di quando ti abbracciava e ti baciava, ti stringeva e ti accarezzava.

E lascia che cada la neve del tempo sulle immagini di dolore, in cui parole cattive, gesti cattivi, azioni cattive erano arrivate come stagioni di sordo e freddo dolore nel cuore.

Nessuno sa perchè sono arrivate, nessuno lo sa veramente, nessuno.

Hanno attraversato come tempesta gelida le case, le famiglie, le mani che si stringevano, i cuori e le espressioni di ogni giorno, hanno slavato i colori e sono scivolate via prima che qualcuno potesse accorgersi di cosa stava veramente accadendo.

A un certo punto i colori sono spariti assieme alle risate e al caldo.

Che cada la neve della dimenticanza, che l'occhio si fermi sulle immagini felici.

Perchè sarà quelle che richiameremo dal futuro. Sarà quelle che rivivremo.
Quelle che ricordiamo del passato con più tenacia.

AD

mercoledì 3 febbraio 2010

La claustrofobia dell'amore

In chi ha avuto madri depresse, è facile cadere nell'angoscia quando una persona si avvicina con amore.

Quell'amore diventa pericoloso, un posto dove saranno rinnovate continue richieste di attenzione, di affetto, di vicinanza a cui non seguirà mai un senso di sazientà, ma solo un rinnovato lamento, un messaggio come "non è abbastanza", un richiedere sempre più affetto, amore, vicinanza...

Quell'amore diventa un buco nero, un Dio della distruzione a cui sacrificare quanto più possibile ciò che si ha di prezioso per evitare che sparisca anche quel pò di amore. In fondo, quel Buco Nero rappresenta sempre una figura senza la quale un bambino o una bambina sentono di non poter più vivere.

Poi crescendo il discorso cambia: a quel punto quel bambino o quella bambina diventano sempre più bravi e buoni, fingono di essere quell'abbondanza che le madri vorrebbero avere vicino; fingono di non aver più bisogno di lei e va bene così: fingono che non hanno più bisogno di qualcuno perchè loro sono perfettamente autosufficienti; oppure fingono di essere quegli esseri malvagi che non hanno saputo salvare la madre dal proprio dolore.

E ad un certo punto una donna arriva e chiede amore: e così scatta l'antica paura, viene voglia di ferirla per allontanarla, prima che possa chiedere, prima che possa legare, prima che possa indurre al bisogno.

Ci si sente salvi dal Buco Nero fuori.

Non ci è accorti che uno grande dentro è cresciuto ancora di più...

AD

martedì 1 dicembre 2009

Tutto accade per imparare a sorridere

Credo che fosse Madre teresa di Calcutta quella che diceva che la giornata più sprecata è quella in cui non abbiamo mai sorriso.

Credo che avesse ragione.

Inizio a credere che tutto ci accada per imparare a sorridere di nuovo.

Hamingway nei 49 racconti, nella novella "Un posto pulito, illuminato bene", descriveva la preghiera di un cameriere che alla chisura del locale a tarda ora, nella solitudine lasciata dagli ultimi avventori, recitava la sua preghiera del Padre Nostro, sostituendo alla parola Padre la parola Nulla.

Il suo Nichilismo, per quanto attravente da certi punti di vista per il coraggio che richiede alla persona per conviverci, lo portò al suicidio alcuni anni più tardi.

Pathos, nichilismo, tragedia, dolore, fatica devono sciogliersi ad un certo punto in un sorriso di serenità e accettazione: o non sono serviti a nulla.

Il dolore e la sofferenza puliscono. Ma poi devono andarsene: o non sono serviti a nulla.

Per questo credo che a ogni nostro dolore, ogni giorno, dobbiamo dare la libertà di fiorire in un sorriso, di andarsene - e anche di ritornare se serve.

Un sorriso di saluto

Alessandro D'Orlando

domenica 27 settembre 2009

TIRA E MOLLA

La cosa peggiore è fare quello che il cuore comanda.

Alle volte il cuore porta a mettersi in situazioni insostenibili: per il cuore non ci sono regole, tutto è possibile, non ci sono mai prezzi da pagare.

Il cuore ragiona solo in due modi: cerca piacere e evita il dolore. Ma la vita è troppo complessa per lui.

Senza una coscienza lucida, la vita in balia del cuore diventa un inferno. E la trasformiamo in un inferno anche per gli altri.

La coscienza deve stabilire la direzione sentendo il cuore, ma deve saper dire anche no. Oppure "si, ma con questi paletti!".

Alle volte la strada che sembra la più dura, è quella meno dolorosa sul lungo termine, ma il cuore questo non lo sa.

Conosce solo nel dolore del momento, e solo una coscienza che lo sorregge giorno per giorno può evitare che il cuore si chiuda e si spenga nella disperazione.

Si può piangere ogni giorno per una scelta, ma questa può essere sempre la scelta migliore.

La vita senza cuore è inutile, la vita senza coscienza è un dolore continuo.

Alessandro D'Orlando

martedì 25 agosto 2009

Il momento del dolore

Ci sono momenti in cui non c'è nessuna altra alternativa sensata oltre alla sofferenza ed al dolore.

Senza attaccamenti, senza esltazioni del dolore o autoesaltazioni.

Senza nemmeno volerlo evitare con le migliaia di tecniche immaginative e fisiche possibili.
Nessun progetto per il futuro, nessuna fuga nel presente, nessun rimpianto per il passato, nessuna speranza.

Starci, semplicemente, perchè pulisca quello che c'è da pulire, fino alla fine.

Poi si può ricominciare. Di qualsiasi cosa si tratti. Da qualsiasi momento voglia arrivare la fine del dolore.

Perche' credi ai complotti, perche' non credi ai complotti

Non credi ai complotti perché ti piace vivere sereno, pensare che andrà tutto bene, che continuerai ad avere lo stesso stile di vita o forse...