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martedì 21 aprile 2009

Vivere morendo e morendo per vivere.

Vivere morendo e morendo per vivere.

Categoria » Articoli/Video
Inserito da Redazione giovedì 18 settembre 2008

Vivere morendo e morendo per vivere.
Siamo condannati a costruire, qualsiasi cosa facciamo.
Costruiamo ogni giorno relazioni affettive, professionali, oggetti e idee. Il nostro esistere lascia così una inevitabile traccia nel tempo, dietro di noi, e produce – volenti o nolenti – conseguenze che ansiosamente sappiamo che non potremo mai prevedere del tutto o controllare.
Così siamo tentati di rendere i nostri passi sulla sabbia sempre più leggeri e felpati: potremo così impedire a qualcuno di seguirci, potremo dileguarci efficacemente quando la situazione si fa insostenibile, potremo forse ritornare sui nostri passi una volta scoperto l’errore senza accorgerci – noi stessi o gli altri - nemmeno dell’entità dell’errore dalle nostre tracce.
Così le scelte di dove vivere, con chi, con quale lavoro e le filosofie di vita inseguite divengono sempre più evanescenti come le nostre orme: tutti e tutto possono sempre più essere scambiati con tutti e tutto il resto, in un Universo di contatti sempre più fugaci e meno intensi.
Ma come dimostra il successo delle storie con gli eroi al cinema e nella letteratura - la scelta irrevocabile, di un punto di non ritorno, di un atto dalle incancellabili conseguenze – la scelta di camminare pesanti sulla sabbia, di legarsi per sempre a qualcosa o qualcuno – la scelta di puntare i piedi e mettersi in gioco completamente a ogni costo – tutto ciò continua ad evocare in noi un fascino lontano e irresistibile e ci porta ad ammirare chi dimostra di saperlo fare.
Nel profondo sappiamo che vivere un’esperienza fino in fondo, con convinzione, accettando le conseguenze senza recriminazioni, senza “se” e “ma”, pagandone l’intero prezzo, anche se questo rischiasse di implicare la morte, la malattia, l’infelicità più profonda, la follia: ciò dimostra forza e apporta forza all’Anima, ma è una strada per i pochi che scelgono di andare oltre la cultura moderna e la sua arrogante razionalità.
In un’epoca di razionalità, l’unica strada sensata è quella dell’”Uomo dell’organizzazione” come direbbe William White nel suo omonimo libro, sempre meno imprenditore e sempre più manager anonimo di una macchina pre-impostata.
L’unica strada è quella dell’amore promiscuo e del tradimento (dei vari menage a tre o più o degli exchangers, che cercano sollievo da una fedeltà che appesantisce ed amplifica le sofferenze e le paure individuali).
L’unica strada veramente razionale è quella dell’azionista pronto a investire sul prodotto migliore ma anche a disinvestire con la massima rapidità – e non importa se questo prodotto è la persona “che amiamo” (sempre più sostituibile nel mondo di Internet e degli sms), un lavoro (ad affitto e comunque flessibile), un oggetto (che il leasing sostituisce sempre con uno più nuovo), un’idea (che si mescola nei relativistici discorsi alla De Filippi), una emozione (che cambia con un pulsante del telecomando), una sensazione fisica (che cambia con una pastiglia).
L’unica strada razionale è quella di puntare ad essere il più comodi possibili, di soffrire il meno possibile, di ottenere il massimo dalla vita con il minimo sforzo, calcolando accuratamente tutti i rischi.
L’unica strada razionale è anche mentire o tacere delle cose importanti: assicura onori, denaro e potere, sicurezza, salute, gloria davanti al mondo e lunga vita.
E poi c’è la strada completamente irrazionale.
Quella di chi sceglie di dire la verità è per il quale ogni ora di vita o di felicità è per questo regalata.
Quella di chi sceglie una persona o un lavoro per sempre, con convinzione, con la mente che, ascoltato l’impulso del cuore, dichiara al mondo la sua intenzione, anche se poi questo significherà dolore e sofferenza.
Quella di chi può rimanere spezzato nell’anima, nel cuore, nella mente o nel corpo se le cose non vanno poi nel giusto verso: povertà, malattia, follia, morte, solitudine e i mille fantasmi che accompagnano quello che è anche un viaggio dell’orrore verso l’ignoto del futuro.
Così, logicamente parlando, si perde la propria vita: perdendo i propri sogni anziché creandone di nuovi, rinunciando ai propri obiettivi anziché resistere nella lotta, rinunciando ad una lunga e salutare esistenza fisica, alla piena felicità emotiva permanente, alla soddisfazione della mente nutrita da incontri, idee e persone interessanti e sconosciute, rinunciando alle gioie dell’anima che un quadro, una meditazione, una guida possono dischiudere dietro alla prossima curva.
Vivere così, con la morte dentro, con la fine di tutto sempre imminente: la fine del corpo, la fine degli affetti, dei sentimenti e della gioia, la fine delle proprie meravigliose doti intellettuali e delle proprie idee, la fine della salvezza della propria anima sempre in corsa verso il paradiso, lontano dall’inferno.
In tutto questo non c’è più niente di razionale: la distruzione è probabile quanto e forse più della costruzione, il dolore quanto e forse più della gioia, la morte quanto e forse più della vita, il ripudio e la miseria materiale e spirituale quanto e forse più del successo.
C’è un detto Zen che dice: “Quando il tuo arco si è spezzato ed hai lanciato la tua ultima freccia, allora lancia, lancia con tutto il tuo cuore”…. mettere il cuore in ogni relazione e in ogni cosa, sapendo di poter morire per ogni relazione e ogni cosa. E giocare tutto quello che si ha, fino alla fine – sapendo che si potrebbe perdere tutto prima ancora di aver iniziato a giocare e di aver capito come si gioca, restando con il becco di un quattrino – soli e derisi - nel pieno delle proprie energie e della propria vita[1]: forse anche così l’anima ritorna davanti al Mistero della Morte e della Sofferenza, con la possibilità – e solo grazie alla Misericordia (come direbbero i Cristiani), o la fortuna (come direbbero forse gli stoici) – di aprire il Cuore ad una profondità che, forse, alcuni tra noi non potranno mai conoscere.
Alessandro D’Orlando


[1] E forse il gioco d’azzardo è anche l’ingenuo surrogato di questa scommessa spirituale…

venerdì 13 marzo 2009

RIPROPOSTA - E TU COSA PENSI DEL TUO 2007?

Tu cosa pensi del tuo, del nostro futuro? Riflessioni sul cambiamento… Rispetto al 2007, la mia idea è che sarà un altro anno di accelerazione verso profondi cambiamenti climatici, sociali, economici, culturali... Ho la sensazione che molte cose si stiano trasformando nelle coscienze, ovunque ci sono persone che si impegnano per un mondo diverso: giornalisti che scrivono lontano dai mass media ufficiali per promuovere quelle che sono le loro coraggiose inchieste, associazioni che promuovono in maniera sempre più efficace modi diversi per aver cura di sé in ambito medico e psicologico, scienziati ed economisti che sfidano a rischio personale le falsità sull’economia, sull’ energia, sulle ultime e presunte innovazioni scientifiche – come gli OGM. Se ci guardiamo attorno vediamo cambiamenti e sconvolgimenti sempre più vicini a noi - non più in Africa o Sud-America o Asia, ma anche nella nostra pacifica Europa - e davanti a tutto questo mi sento stranamente ottimista: se quello che è consolidato si sgretola, ci sono spazi per tutti coloro che hanno nuove idee, nuove proposte e nuovi progetti - ma soprattutto nuovi atteggiamenti: di pace, responsabilità, consapevolezza che Tutto è Uno. Mai più azioni violente in nome del bene o manipolazioni e coperture in nome di un equivoca tranquillità: meta e percorso sono la stessa cosa, io e l’altro siamo profondamente uniti, ciò che faccio all’ambiente o ad un altro lo faccio a me stesso… L'importante oggi è liberarsi da idee limitanti, come quella della scarsità: scarsità di denaro - perchè non abolire il signoraggio? -, scarsità di energia - perchè non sfruttare le scoperte di Tesla e W.Reich sull'orgone? -, scarsità di salute - perchè non riscoprire le teorie dell'igienismo ad esempio? -, scarsità di cibo - la dieta vegetariana può sostenere fino a 50 miliardi di esseri umani! -, scarsità di risorse naturali e personali - perchè non creare uffici a ogni livello che si occupano di innovare tecnologie, educazione, processi secondo le idee più innovative? Altre credenze tossiche sono ad esempio: 1 – sono isolato, piccolo e impotente… 2 – non sono un esperto e le mie idee non contano… 3 – solo nei grandi gruppi possiamo fare qualcosa di utile… 4 – tanto è tutto inutile… Tutti siamo connessi con il Tutto, i nostri pensieri sono nutriti e nutrono i pensieri della collettività (come dimostra la sindrome della centesima scimmia), ciò che cambia nel nostro cuore cambia nei cuori di tutti (come dimostrano le costellazioni famigliari). Ragionevolmente, tranquillamente, possiamo oggi avere la certezza che senza azioni evidenti, noi possiamo trasformare la nostra vita, la nostra famiglia, la nostra organizzazione, la nostra società, il mondo intero. Razionalmente, pacificamente, oggi possiamo dire che i partiti, gli esperti, i movimenti, le guerre, sono solo il riflesso interiore di ciò che si agita nel profondo – non viceversa. I cuori di tutti sono toccati anche dal nostro cuore… - a chi assiste, come me, a ciò che accade durante le costellazioni famigliari, ciò è evidente…. - Ma cosa c’è nel nostro cuore?

Perche' credi ai complotti, perche' non credi ai complotti

Non credi ai complotti perché ti piace vivere sereno, pensare che andrà tutto bene, che continuerai ad avere lo stesso stile di vita o forse...