martedì 22 febbraio 2011

La filosofia della gioia


La filosofia della felicità.

"Tutto, tutto quello che comprendo. Lo comprendo solo perché amo."

Lev Tolstoj

Pensare che avremo sempre ciò che i nostri bisogni più profondi ricercano,
che il futuro ci porterà ciò che abbiamo perso in forme nuove e inaspettate,
di più
che il futuro ci porterà ancora più gioia e abbondanza
e che la gioia e l’abbondanza e la felicità sperimentate nel passato
sono solo il cartello che ci indica che siamo sulla giusta strada
sono solo l’anticipo della gioia che proveremo
sono solo la prima manifestazione del nostro cuore che si apre.

Non c’è nessuno che può toccare il nostro futuro,
che ci può portare via nulla,
che ci può bloccare nella nostra espansione,

nell’espansione della nostra vitalità e gioia.
Nemmeno la morte, semplice passaggio tra una vita e l’altra,
su questo pianeta o un altro.

Pensare in questi termini pone la ricerca della felicità su un piano infinito,
la porta nella capacità di amare, di pensare, di volere,
funzioni su cui nessuno può interferire,
a meno che noi non glielo permettiamo.

Ricordi gioiosi del passato possono essere amplificati all’infinito,
e anticipare eventi ancora più felici nel futuro,
e nutrire l’anima all’infinito.

Un solo ricordo felice può trasformare la nostra vita in un paradiso.

Una sola aspettativa felice può cambiare il nostro modo di alzarci la mattina e andare incontro al mondo.

La psicologia, la psicoterapia, se hanno sbagliato in qualcosa, è stato nel trascurare questa naturale funzione dell’essere umano,
quella di cercare la felicità attraverso la felicità.

Non basta accogliere il dolore, non basta dire si al dolore.
Dobbiamo dire si anche alla gioia.

Forse accettiamo la gioia meno del dolore.

Forse questa è la nostra colpa più grande verso la vita.

Da oggi pensa che anche questa colpa si ferma davanti alla gioia di vivere che provi.

Ogni istante merita tutta la nostra gioia, e tutta la nostra aspettativa di un incontro con la gioia.

Il dolore è solo una pausa prima della prossima gioia.

E la vita stessa si regge solo sulla gioia.

Sull’amore.

Solo ciò che amiamo cresce.


Solo ciò che ci dà gioia diventa forte nella nostra vita.

Il resto è destinato ad abbandonarci.

domenica 13 febbraio 2011

L'incomprensibile essenza della vita spirituale

A livello spirituale, come si vede con le costellazioni familiari, la vita si può invertire.

I buoni diventano cattivi, chi resta è colui che se ne va, chi è folle diventa saggio, il saggio è folle.

Guardare alle cose come sono, nell'essenza, rinunciando all'idea di essere buoni e giusti, è impegnativo.
E liberatorio.

Accettando la colpa, cresciamo.
Accettando i legami della nostra famiglia, le conseguenze dei nostri errori, e farcene carico ci rende adulti.

Accusando gli altri restiamo invece piccoli.
Molto piccoli.
E ciechi.

La mente non può capire tutto e alle volte non è nemmeno lo strumento utile per capire.

La Vita a livello Spirituale è spesso oltre la mente, gli schemi, le religioni, il buon senso.

Se ami qualcuno sei disposto a seguirlo anche su questo piano?
Puoi vedere la vita da un punto di vista completamente nuovo?
Puoi prenderti questa responsabilità?

Se si, allora le costellazioni familiari sono per te.

Altrimenti rimani nella mente, con i libri e forse una semplice terapia.

Il tempo del vedere non è ancora arrivato.

venerdì 11 febbraio 2011

I giochi del potere, del potere del potere....

Non finiamo mai di giocare con l'Altro.

Anche nella terapia, nella consapevolezza, nell'amore, nel bisogno che abbiamo dell'altro... sottilmente si nasconde un gioco di potere, in cui noi siamo sopra, e l'altro è sotto che disperatamente cerca di raggiungerci.

Cerca di raggiungerci col suo piccolo bisogno di noi che non è grande come quello che abbiamo naturalmente noi di lei/lui.

Che cerca di raggiungerci con il suo piccolo amore, la sua piccola consapevolezza, la sua piccola intelligenza, la sua piccola sensibilità... e così via.

C'è solo una via di uscita: abbandonare la rabbia, abbandonare la gelosia, abbandonare le proprie idee, stare sui propri bisogni e sull'effetto che la presenza dell'altra persona ha su di noi.

Se possiamo accontentarci, lasciamolo in pace.

Tutto il resto è un regalo.

E tutto il resto di questo è solo tortura.

AD

mercoledì 9 febbraio 2011

Meditare: l'unica tecnica è la Vita

Una relazione che finisce è come una barca che ci getta nel mare in tempesta.


Vuoi respirare, ma annaspi
mentre un onda dopo l'altra ti ributtano dove manca l'aria.


Non sai quando riemergerai, nè per quanto tempo: puoi solo lottare con tutte le forze
istante dopo istante.


E in quello sforzo, mai la rabbia. Solo la determinazione a stare bene, almeno il prossimo istante, i prossimi secondi o i prossimi minuti. Prima dell'onda successiva.


Di giorno o di notte le lacrime posso svegliarti dalle faccende o dal sonno.
Possono emergere panico e immagini dolorose, paure angoscianti, specie per chi ha sofferto di shock di abbandono nell'infanzia, o per chi comunque si era legato anima e corpo, futuro e passato a una persona.


Meglio ancora che cercare l'aria, vale la pena immergersi e rinunciare a respirare.
Andare a fondo nel cuore. Guardare negli abissi dove manca anche la luce, dove sono le fondamenta di ciò che rende terribilmente forte il legame che sta inabissandosi, e dove ci sono i pilastri degli errori commessi: nelle intenzioni, nelle parole, nelle azioni, nel cuore.


Avere il coraggio di rivivere scene penose su scene penose dentro la propria mente.


Di rivedere ciò che non si era visto anche se fa male.
Di sè.
E dell'altro.


Anche dei tradimenti e delle crepe che fin dai primi giorni avvisavano che la relazione stava per scadere - anche nel pieno del suo fiorire.


Attraversare deserti di angoscia, da soli.


Torrenti di lacrime, ovunque, anche mentre si fanno altre cose: la spesa, camminare, lavorare.


E mai, mai fuggire nella rabbia, stando nell'amore. Nell'amore perso di chi ci ha amato, nell'amore che esce dal proprio cuore verso la persona amata che se ne va.


Deserti e abissi, torrenti e fiumi, tempeste e notte fonda.
Senza aria e senza luce.


Reggendo alla claustrofobia di guardarsi allo specchio per vedere le proprie mostruosità.


Proprio quei difetti che come montagne hanno ostacolato e infine distrutto il sentiero che unisce due persone.


E stare solo nell'effetto che ha su sè stessi la separazione.


Non sapremo mai chi è l'altra persona.
Cosa pensa.
Cosa prova.
Dove sta andando e da dove viene.
Cosa deve imparare e cosa non imparerà mai in questa vita.


Non sappiamo il senso di ciò che accade.


Non lo sapremo mai il perchè del Destino.


Che ci unisce e poi ci divide.


Che ci fa incontrare e poi ci separa,
anche contro la nostra volontà.


L'importante è sapere di aver dato tutto.


E' questo l'unica cosa che ci libera.


Tutto quello che potevamo.


E poi continuare a darlo, anche se l'altra persona non la rivedremo più.


Alla fine non possiamo fare altro che amare.


Tanto vale riconoscere questo legame


che ci unisce ai vivi e ai morti,
ai partner avuti e quello presente,
ai figli e ai genitori,


ai presenti e agli assenti.


Forse questo è il senso profondo delle perdite.


Imparare ad essere dei palombari del mare, dei beduini del deserto, delle montagne nella tempesta, dei fedeli nelle avversità, degli uccelli che possono volare liberi oltre alle insidie della terra, delle piante che si fanno mangiare volentieri.


Oltre tutto, oltre il dolore, oltre all'amore, oltre all'angoscia e alla solitudine e oltre all'euforia che di rimbalzo può riportarci su, oltre al buio e alla luce, c'è un ordine superiore.


Incontrare questo ordine superiore: questo rende le separazioni un momento speciale di meditazione quotidiana.


Senza nessuna tecnica.


L'unica tecnica è la vita.


Vivere.













domenica 6 febbraio 2011

La felicità in fondo al tunnel

Sono i ricordi e le immagini felici quelle che ci guariscono dalla depressione e dalle perdite.

Alle volte sono immagini che avevamo da adolescenti o da bambini, altre volte sono momenti belli vissuti di recente con qualcuno che non è più con noi sulla nostra strada.

Sono immagini che ci regalano felicità anche se siamo soli, anche se nel presente ci sono dolori che ci fanno piangere.

Se stiamo in quella felicità, le nostre saranno scelte felici.

Se invece scegliamo relazioni che non ci facciano sentire il dolore della perdita, allora faremo scelte molto probabilmente sbagliate.

Saranno situazioni in cui sigillare il cuore, con il suo dolore, ma anche con la sua gioia.

E il pensiero di risentimento e rancore per chi ci ha ferito non potrà guarire perchè stiamo vivendo e scegliendo in funzione ancora di quella ferita.

Solo se si va a fondo del dolore, solo allora arrivano immagini felici, e solo allora si può veramente ricominciare e, forse, reinnamorarsi.

AD


sabato 5 febbraio 2011

Da una mail per un lutto

Una cara persona, con pazienza e dedizione mi ha scritto una mail in cui sono riportate i seguenti due passaggi:

Da "Prima di sparire" di Mauro Covacich: "Penso a tutte le parole che ci siamo detti, si sono mescolate a tutte quelle che avrei voluto che dicessimo, tutto il dialogo si è perso nelle infinite versioni che mi sono riascoltato in testa. Non riesco a ricordare le frasi perfettamente, ricordo solo qualche parola, il resto è guazzabuglio di battute ripensate fino a perdere senso".
...

Judith Butler, una filosofa americana, ha parlato di lavoro di lutto come di disposizione a subire una trasformazione, i cui effetti nessuno può conoscere in anticipo. C'è la perdita, ma anche la trasformazione prodotta dalla perdita che NON PUÒ ESSERE PIANIFICATA.

La si deve solo attraversare.

Ora aggiungo: attraversare un lutto non è facile. Depressione, panico, ansia, angoscia, senso di colpa, rabbia, dolore con inspiegabili e folli momenti di leggerezza e felicità fanno crollare l'immagine che abbiamo di noi stessi e forse della vita o della persona che perdiamo.

Alla fine di tutto, delle lacrime, del mondo che crolla, della solitudine, del tunnel che si sta attraversando c'è l'uscita verso un altro mondo.

Ma quanto lungo sia il tunnel, e dove porti, resta un Mistero.

Hellinger dice che il destino non può essere ricattato. Se siamo buoni non è detto che il Destino sarà buono con noi. Se se siamo cattivi non è detto che avremo necessariamente delle punizioni.

In effetti il lutto arriva e alle volte senza preavviso, indesiderato. E anche i suoi effetti sono imprevedibili.

E questo vale anche per la fine del lutto.

Ho solo fede nel fatto che oltre il tunnel ci sia solo più amore da dare. Anche a chi ci ha lasciato.
E che questo amore può ricominciare a sgorgare solo da chi ha avuto il coraggio di percorrere il tunnel con tutta la lucidità e la consapevolezza possibili.







martedì 1 febbraio 2011

Dall'anima al corpo

Il corpo desidera o teme stupidamente.

Le emozioni vanno e vengono - innamoramento e odio si alternano.

I legami emotivi restano sullo sfondo.

Possiamo scappare col corpo da qualcuno ma continuarlo ad amare.
Possiamo anche odiarlo, ma sotto l'amore resta.

I legami sono fatti di amore.
O indifferenza.

Infine arriva il pensiero che crea legami di amore.
O li rompe.

E più sù l'anima decide quali legami intessere e quali sciogliere.

E più su ancora lo Spirito decide che ruolo dare all'anima.

Quindi alla fin fine decidere con il corpo è inutile.
Decidere con le emozioni è stupido.

Decidere in base ai legami è più saggio.
Decidere in base al pensiero è ancora più saggio.

Decidere con l'anima è impossibile.
Per non parlare dello Spirito.

Ma se lo Spirito decide tutto.
Possiamo davvero decidere?

Forse, come dice l'antico proverbio, possiamo solo ringraziare e ogni tanto proporre...

Perche' credi ai complotti, perche' non credi ai complotti

Non credi ai complotti perché ti piace vivere sereno, pensare che andrà tutto bene, che continuerai ad avere lo stesso stile di vita o forse...