domenica 10 aprile 2011

Le spine sono cartelli stradali

(link nel film sul titolo)

Per togliere una spina dal cuore non basta prenderla e sfilarla dalla carne.

Ci vuole una operazione speciale: bisogna andare fino in fondo, fin dove arriva la punta ed un pò più oltre, e poi da dì spingerla fuori - soffrendo per le aderenze che la spina può avere, e più è lì da tempo più la carne si è legata a questa parte così diversa.

Andare un pò più a fondo rappresenta il lato selvaggio della vita.

Andare a fondo non è questione di programmi, di progetti o così semplice.

Andiamo in fondo quando ci siamo fermati davanti a una porta dopo anni di lotte, per poi scoprire - quando oramai è arrivata la resa - che finalmente si apre. In fondo ci arriviamo dopo aver fatto determinate esperienze a cui ci siamo esposti - per quanto strane ed assurde ci potessero sembrare. 

Quando abbiamo detto di sì al dolore, alla gioia, all'amore, alle sorprese e anche alla nostra incapacità di cogliere tutta questa ricchezza (perchè nella misura in cui si sono spine il resto non ci sta - vivere la vita al 100% è impossibile, disumano perchè non tiene conto delle nostre ferite, della loro grandezza e del loro scopo).

Per capire ci vuole una speciale intensità diceva Krishnamurti. Senza, siamo senza consapevolezza di ciò che è.
Le spine ci danno quell'intensità speciale per continuare un viaggio che richiede all'inizio una indomabile volontà di porre fine al dolore, fino a voler andarci in mezzo, nuotandoci dentro, per capirlo ancora piu' profondamente.

Come con un nemico, per imparare a pensare come lui, a respirare come lui, a muoversi come lui - per prevederne le mosse. Ma a volte quello che accade è che il nemico diventa noi, noi il nemico, e forse resta il fatto che non c'e' più nulla per combattere... Il dolore è sempre stata una parte di noi, che dopo un viaggio infinito riscopriamo di poter amare, e forse, quanto più grande è questo dolore, tanto più grande è la chiamata ad amare, e tanto più grande la sorpresa alla fine del viaggio.

Così alla fine non serve nemmeno togliere la spina, era solo un cartello di indicazione stradale - passato il quale possiamo semplicemente lasciarcelo alle spalle per goderci il nuovo mondo in cui arriviamo stremati, prima del prossimo viaggio.












venerdì 8 aprile 2011

la ricchezza di lasciare

Diventiamo grandi lottando per tenere ciò che abbiamo lasciato. Riuscendo a tenerlo, a difenderlo, a curarlo, a farlo crescere.

Altre volte, diventiamo grandi lasciando qualcosa.

E più era prezioso per noi ciò che avevamo, più è la grandezza che resta in noi lasciandolo.

Forse la ricchezza suprema è accettare la morte della propria vita istante per istante come dicono i maestri spirituali.

Più vicino all'esperienza di tutti i giorni, è la rinuncia a cose piccole che ci regala la maggiore grandezza.

La rinuncia a qualcosa che ci dava sicurezza ci rende coraggiosi.
La rinuncia a voler essere amati ci rende la possibilità di amare prima di tutto.
La rinuncia a essere per forza sempre buoni ci rende la possibilità di vedere la nostra cattiveria.
La rinuncia alle illusioni ci rende lucidi.
La rinuncia ai genitori perfetti ci rende umili.
La rinuncia a volere dei genitori più forti ci permette di accettare la nostra debolezza e quella degli altri.

La rinuncia all'ideale sociale del successo ci regala il successo umano.

Il video che allego al titolo (cliccandoci sopra), illustra la solitudine della rinuncia. 

Voglio pensare che questo film che lì finisce poi può continuare in un altro capitolo, dopo che la solitudine più forte - la solitudine di essere ciò che siamo - è stata vista, vissuta, accettata.
 
Da lì in poi si può cominciare, su livello più umano.





 

mercoledì 6 aprile 2011

Problemi che amano altri problemi

Le persone problematiche trovano sempre qualcuno problematico quanto o più di loro: il fatto che qualcuno  apparentemente aiuti e l'altro sia aiutato spesso non definisce chi funzioni meglio.
Sono solo problematiche che si incastrano.

Forse nell'altro vogliamo redimere le parti nostre distorte, la nostra solitudine, la nostra incapacità di farci voler bene o di voler bene? Riconosciamo nell'altro una solitudine che vedere in noi è troppo per la nostra forza? C'è un pathos che conosciamo e che ci attrae morbosamente? Che sostituisce in un falso surrogato la vita serena a cui potremo aspirare e che potremmo vivere con semplicità?

L'altro è semplicemente il nostro destino che si compie in una relazione che ci riporta sempre e soltanto a noi stessi?

L'altro è sempre e solo la porta verso di noi?

L'amore che proviamo alla fine redime tutte queste convinzioni e questi errori?

L'amore che proviamo, e il dolore che ne consegue per gettare il cuore tra i rovi, non è alla fine l'unico modo per tornare a guardare dentro di noi?

Sarebbe possibile questo viaggio se seguissimo solo i saggi consigli della testa?

Che ne sarebbe della nostra vita? Sarebbe vissuta ugualmente?

Alla fine conta sempre e solo questo: qualsiasi sia la strada, va vissuto ogni passo con attenzione, lentamente.

La verità è in ogni singolo passo, all'inizio ha un volume basso, poi cresce sempre di più.
E diventa assordante per i più sordi.

E anche questa è una lezione.

Vite che passano

(Clicca sul titolo)


Ci sono persone che non lasciano nulla.
Non lasciano figli.
Non lasciano belle azioni.
Non lasciano carriere da ammirare, o gesta da imitare.
Non lasciano nemmeno pallidi ricordi in chi le ha conosciute.

Non hanno nemmeno pensieri profondi, nè profondo sentire.
E forse non hanno mai nemmeno provato a cambiare.
Forse non si sono mai nemmeno accorti che si può almeno provare.

Sono fantasmi che passano tra le pieghe della vita.

Forse la loro vita ha senso meno di quello di altri più fortunati?
Per l'Universo la loro vita ha avuto meno senso?
O sarà forse che per l'Universo siamo tutti importanti, per motivi misteriosi che non sappiamo?

Credo che nella prossima meditazione possiamo abbracciare anche loro.
Assieme a quello che ha troppo, a quello che non gli serve nulla, a colui che non ci può vedere.

Diamo il posto a tutti in questo abbraccio.

Anche perchè non sappiamo se un giorno non avremo noi bisogno di questo.

giovedì 31 marzo 2011

La libertà di essere lasciati


Essere lasciati rende liberi. Liberi di lasciare a nostra volta.
Possiamo lasciare chi ci ha lasciato, con amore.
Possiamo lasciare chi vorrà stare con noi, con amore, perchè abbiamo capito come sta chi viene lasciato.
Possiamo lasciare con amore soprattutto se sappiamo cosa significa non avere avuto amore.
Possiamo lasciare e essere lasciati fino a capire che nessuna delle due parti è facile.
Perchè quando lasciamo qualcuno in realtà stiamo lasciando qualcosa dentro di noi.
Sei sicuro, sei sicura che sia quella parte che era da tenere?
Sei sicura, sei sicuro che era quella la parte da lasciare?
Questa forse è la domanda più seria.

mercoledì 30 marzo 2011

La vita intermittente

Anche i più duri contattano il cuore.
Anche i più egoisti.
Anche i più cattivi possono farlo.

Possono farlo davanti a te.
Possono piangere.
Scusarsi.
Capire dove sbagliano.
Tornare a vivere.

Puoi pensare che abbiano capito.
Ma non è vero.

La verità si vede solo con il tempo.
Si manifesta da sè.
Puoi aspettare mentre si manifesta nella vita dell'altro.

Si manifesta senza sforzo da parte tua.

Lascia che la verità arrivi.
E se è senza cuore, dimentica le lacrime che hai visto.
I pianti e i lamenti.
I pentimenti e i dolori.

Ognuno è quello che è.
Un tostapane non è uno spremiagrumi.
Rimarrà Tostapane tutta la vita.

Solo un miracolo può trasformalo.

Smetterà di essere una cosa quel giorno che capirà che è una cosa.
Ma ancora non basterà.

Dovrà capire a che cosa può aspirare.
Che cosa è importante e cosa no.
Dovrà chiedere aiuto.
Dovrà superare momenti di disperazione e solitudine.
Da solo.
Dovrà accrescere la sua fede e la sua volontà.

Accettare le sconfitte e i suoi limiti.

Vedere le sue ombre e resistere allo scoraggiamento.
Da solo.

E se alla fine ce la fa.
Se alla fine riesce a stare davanti a te.

E se tu te lo meriti di essere davanti a lui.

Se anche tu non sei più un Tostapane.

Allora,
bè,

(ne è passato forse un pò di tempo),

allora forse valeva la pena.

Ma come dice Ligabue c'è una linea sottile tra tacere e subire.

Da che parte vuoi stare?
E soprattutto, quanto puoi aspettare?

martedì 29 marzo 2011

Quando l'amore angoscia

Alle volte sentiamo un blocco.

Non riusciamo ad amare un gatto.
Una persona che ci ama.
Una cosa che ha bisogno delle nostre cure.

Ci angoscia il legame e il prenderci cura di qualcuno.

La domanda è:
chi era angosciato di dare cura?
Chi ci vedeva con angoscia?
Chi avrebbe voluto andarsene e non poteva a causa nostra?
Chi avrebbe cambiato vita se noi da bambini non ci fossimo stati?

Nel nostro egoismo, a chi assomigliamo?
A chi con egoismo ci ha dato, meccanicamente, o con un amore a contagocce, per paura di perdere forse?

Nostra madre?
Se ne sarebbe andata altrove senza di noi?
Avrebbe sopportato quello che ha sopportato?
E' stato un prezzo alto da pagare il suo per noi?
Vogliamo ripagare questo prezzo standole vicino?
O al contrario, viviamo quello che non ha potuto vivere lei? La libertà senza più limiti?
Siamo veramente liberi in quell'assenza di angoscia?

La paura dell'amore è la paura di sperimentare quell'antico dolore?
E se così fosse cosa può rompere quell'infernale egoismo?

Forse solo il piangere.
Piangere per tutto l'amore non dato,
per tutta la vita sprecata.

Sprecata.

Perche' credi ai complotti, perche' non credi ai complotti

Non credi ai complotti perché ti piace vivere sereno, pensare che andrà tutto bene, che continuerai ad avere lo stesso stile di vita o forse...