Una volta guardavo la vita dalla vetrina.
Poi mi sono accorto che lo facevo.
Poi che non mi piaceva.
Poi che non potevo fare a meno di farlo.
Poi che c'era un modo per uscirne e che mi era difficile, perchè mi sembrava che stare davanti la vetrina era come essere senza pelle.
Così ho capito perchè stavo dietro alla vetrina ed ho smesso di farmene una colpa: non reggevo al mio essere senza pelle. Semplicemente i danni che ho fatto sono stati ben compensati dal mio autoincarceramento.
Poi ho inziato a capire che vivere la vita senza stare in vetrina significa sentire che le persone mi mancano, tutte. Quelle più vicine e quelle più lontane.
E poi alla fine ho capito che più profondo del dolore della mancanza c'era il dolore della mancanza del mio amore per loro.
Questa è la mia colpa più profonda, qui è dove mi sento peccatore nel senso cristiano del termine. Questo è lo spazio dove non posso che inchinarmi ogni volte che non ricevo amore.
Mi torna semplicemente ciò che ho creato nel mondo. E in me può spegnersi per dare spazio a qualcosa di nuovo.
Alessandro D'Orlando
Pensieri di Psicologia, Psicoterapia, Meditazione, Crescita personale; PNL, costellazioni familiari, formazione, respirazione circolare (o rebirthing, o vivation, o simili), ipnosi ericksoniana e tutto quello che vi viene in mente in proposito..
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Sono pienamente d’accordo.
RispondiEliminaI rapporti finiscono ma l’amore no... l’amore resta per sempre. E se è vero che non esiste amore senza sofferenza, è anche vero che la sofferenza ci fa crescere, ci sprona a dare il meglio di noi. Basta solo non cadere nella disperazione, nell'autodistruzione..