L'amore è fatto di confini e prese di posizione, il cuore ha bisogno di confini e di prese di posizione. Ha bisogno di frasi come "andiamo assieme laggiù...", oppure "ti darò forza per fare quello che serve...", oppure "starò con te se e quando ne hai bisogno...", "se avrai paura ci sarò...", "se avrai freddo ci sarò...", "se soffrirai ci sarò...", "ora ci sono...", oppure "ti seguirò anche all'inferno"....
Un cuore che non può contare su una coscienza così, una coscienza che mette limiti e confini, una coscienza che guida e aiuta; se ha a che fare con una coscienza che va e viene a seconda di come riesce, di come si sente, dell'energia che di volta in volta ha, è un cuore disperato.
Uno che soffre di attacchi di panico ha un cuore disperato: la coscienza non sta con la paura del cuore, sta su una sedia di tribunale e giudica e sentenzia.
Chi ha avuto genitori così da bambino, genitori che giudicavano e basta, o solo che andavano e venivano (ad esempio genitori depressi), da adulto non riesce e contenere il proprio cuore, a dirgli: ci sono sempre per te. E non può farlo nemmeno con un altro. E nemmeno in un rapporto di coppia. Non riesce a restare, riesce solo a giudicare, o a andare e venire.
Così si va e si viene, in base a come ci si sente e a come è l'umore del momento, senza andare a fondo e senza voler capire veramente cosa si sta vivendo. Stare in un rapporto significa alle volte soffrire, ma anche esserci nel dolore è amore, perchè l'amore è attenzione, non è un dolce miele.
Un legame così, fatto di andate e di ritorni, genera disperazione.
Il legame c'è o non c'è: anche il legame intermittente non c'è - la sua presenza è una illusione.
Se uno soffre in questa illusione e dice "soffro", l'altro può sempre dire "ma io ci sono", negando così la sua assenza. Ma resta il fatto che il legame c'è o non c'è.
Così, se stai in una relazione dove senti che l'altro va e viene, semplicemente vivi questa disperazione, comunicala, cerca di condividerla: ma se senti che non è capita, allora rifletti sul fatto che forse, la persona che hai davanti è più disperata di te, perchè la sua disperazione nemmeno la vede, e si limita a recitare passivamente il ruolo del carnefice così come una volta è stato vittima in casa sua.
Tu sei lei, e lei è un suo genitore probabilmente.
Lei in te rivive all'esterno la sua disperazione, e così se ne libera provvisoriamente.
Tu in lei puoi rivivere la tua disperazione che provavi con i tuoi genitori - con tua madre più probabilmente.
Così, nell'andare e venire, ciascuno riattualizza qualcosa del suo passato, e può tornare a ricordare.
E liberarsene.
O tornare a dimenticare.
E ripetere all'infinito lo stesso dolore.
AD
Pensieri di Psicologia, Psicoterapia, Meditazione, Crescita personale; PNL, costellazioni familiari, formazione, respirazione circolare (o rebirthing, o vivation, o simili), ipnosi ericksoniana e tutto quello che vi viene in mente in proposito..
mercoledì 23 settembre 2009
lunedì 21 settembre 2009
RELAZIONI DA CUORE A CUORE
Nella PNL non esiste quello che nella psicologia umanistica si chiama "la parte più autentica di sè stessi". Almeno per quello che Bandler diceva.
Oggi dopo anni di terapia personale, posso dire che esiste qualcosa che è la parte più autentica, e libera dal carattere. Non è facile contattarla ogni giorno, ma è poossibile starci sempre più spesso, e questo è l'obiettivo principale di ogni psicoterapia.
Essere davanti a qualcuno, fargli sapere come stiamo senza fingere, e cosa pensiamo, ma soprattutto cosa sentiamo a livello di emozioni.
E permettere all'altro di rimadarci il suo senitire.
E stare in questo dinamismo di una relazione IO-TU, come la chiama Martin Buber.
Non è facile. Significa diventare esseri umani, ma non è da tutti, nè una volta per tutti.
Ci vuole coraggio, pazienza, fiducia e costanza e la capacità di sopportare milioni di cadute.
Ma ogni volta che questo contatto si realizza, tutto ha un senso nuovo e profondo. E la vita assume un altro significato.
AD
Oggi dopo anni di terapia personale, posso dire che esiste qualcosa che è la parte più autentica, e libera dal carattere. Non è facile contattarla ogni giorno, ma è poossibile starci sempre più spesso, e questo è l'obiettivo principale di ogni psicoterapia.
Essere davanti a qualcuno, fargli sapere come stiamo senza fingere, e cosa pensiamo, ma soprattutto cosa sentiamo a livello di emozioni.
E permettere all'altro di rimadarci il suo senitire.
E stare in questo dinamismo di una relazione IO-TU, come la chiama Martin Buber.
Non è facile. Significa diventare esseri umani, ma non è da tutti, nè una volta per tutti.
Ci vuole coraggio, pazienza, fiducia e costanza e la capacità di sopportare milioni di cadute.
Ma ogni volta che questo contatto si realizza, tutto ha un senso nuovo e profondo. E la vita assume un altro significato.
AD
venerdì 18 settembre 2009
Le relazioni sono semplici
Alla fine fine, se c'è un insegnamento che uno apprende dal lavoro con le costellazioni familiari, è quello di imparare a sentire l'altro, sia esso presente o meno.
E' possibile sapere se ci è vicino, se ci è lontano col cuore, anche il momento esatto in cui avviene uno stacco.
E' possibile anche avere la percezione di un "movimento energetico", che descrive, nell'arco di pochi minuti o pochi giorni, quello che è lo schema di relazione di quella persona con il mondo e con noi in particolare.
Quella persona scappa sempre, o resta attaccata? Si attacca e poi scappa, con che frequenza? E in che misura?
Così, fenomenologicamente, si può già capire come saranno i giorni a venire in una eventuale relazione con quella persona - facendo attenzione a questa semplice regola: le persone non cambiano.
Si potrà quindi evitare di cadere nella solita trappola: confido che cambierà...
In realtà pochi cambiano, e solo dopo un trauma vissuto con consapevolezza, o una terapia personale.
Per il resto, come diceva Gurdjeff, siamo solo dei burattini.
Alessandro D'Orlando
E' possibile sapere se ci è vicino, se ci è lontano col cuore, anche il momento esatto in cui avviene uno stacco.
E' possibile anche avere la percezione di un "movimento energetico", che descrive, nell'arco di pochi minuti o pochi giorni, quello che è lo schema di relazione di quella persona con il mondo e con noi in particolare.
Quella persona scappa sempre, o resta attaccata? Si attacca e poi scappa, con che frequenza? E in che misura?
Così, fenomenologicamente, si può già capire come saranno i giorni a venire in una eventuale relazione con quella persona - facendo attenzione a questa semplice regola: le persone non cambiano.
Si potrà quindi evitare di cadere nella solita trappola: confido che cambierà...
In realtà pochi cambiano, e solo dopo un trauma vissuto con consapevolezza, o una terapia personale.
Per il resto, come diceva Gurdjeff, siamo solo dei burattini.
Alessandro D'Orlando
martedì 25 agosto 2009
Il momento del dolore
Ci sono momenti in cui non c'è nessuna altra alternativa sensata oltre alla sofferenza ed al dolore.
Senza attaccamenti, senza esltazioni del dolore o autoesaltazioni.
Senza nemmeno volerlo evitare con le migliaia di tecniche immaginative e fisiche possibili.
Nessun progetto per il futuro, nessuna fuga nel presente, nessun rimpianto per il passato, nessuna speranza.
Starci, semplicemente, perchè pulisca quello che c'è da pulire, fino alla fine.
Poi si può ricominciare. Di qualsiasi cosa si tratti. Da qualsiasi momento voglia arrivare la fine del dolore.
Senza attaccamenti, senza esltazioni del dolore o autoesaltazioni.
Senza nemmeno volerlo evitare con le migliaia di tecniche immaginative e fisiche possibili.
Nessun progetto per il futuro, nessuna fuga nel presente, nessun rimpianto per il passato, nessuna speranza.
Starci, semplicemente, perchè pulisca quello che c'è da pulire, fino alla fine.
Poi si può ricominciare. Di qualsiasi cosa si tratti. Da qualsiasi momento voglia arrivare la fine del dolore.
martedì 18 agosto 2009
SEGNALO QUESTO ARTICOLO
http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/ambiente/transition-town/transition-town/transition-town.html
sabato 15 agosto 2009
NON SAPPIA LA MANO DESTRA COSA FA LA MANO SINISTRA
Alle volte viviamo come se sapessimo la nostra storia, come se stessimo preparando una storia per qualcuno che vorrà ascoltarci, viviamo raccontandoci anche come sarà il nostro futuro e la nostra fine, e la nostra identità stessa si fonda sulla storia che ci raccontiamo di noi.
Ma se questa storia fosse falsa?
I pragmatici dicono che la storia deve aiutarci a vivere e lavorare, non importa se sia vera o no.
Agiamo e diamo poi un senso alle nostre azioni, buone o cattive che siano, false o vere che siano le motivazioni, benevole verso di noi o punitive.
Ma oltre questa storia cosa c'è? Se arriviamo al punto in cui nessuno ascolterà più la nostra storia, se accettiamo di non sapere la nostra storia nè quello che siamo e che vogliamo. Se per un momento ci disinteressiamo di qualcuno che vorrà ascoltarci (e a cui ci si può affezionare per questo) e accettiamo la solitudine in cui viviamo.
Se smettiamo di agire e di dare un senso a questo agire.
Se per un momento ci poniamo in quella dimensione... che succede?
In fondo, la morte è uno di quei momenti: quello che eravamo perde di importanza, quello che saremo non lo sappiamo e ci sfugge - se osiamo andare oltre a quello che crediamo - e non ci sarà nessuno ad ascoltare la storia di quello che eravamo e che ci sta accadendo.
Siamo soli davanti al Nulla, nel Nulla, con Nulla tra le mani.
Forse c'è grande energia lì.
Si può vivere così ogni giorno?
Come sarebbe la vita, e l'energia, in uno stato di coscenza di questo tipo?
Quanta forza personale serve per reggere a questa energia?
A.
Ma se questa storia fosse falsa?
I pragmatici dicono che la storia deve aiutarci a vivere e lavorare, non importa se sia vera o no.
Agiamo e diamo poi un senso alle nostre azioni, buone o cattive che siano, false o vere che siano le motivazioni, benevole verso di noi o punitive.
Ma oltre questa storia cosa c'è? Se arriviamo al punto in cui nessuno ascolterà più la nostra storia, se accettiamo di non sapere la nostra storia nè quello che siamo e che vogliamo. Se per un momento ci disinteressiamo di qualcuno che vorrà ascoltarci (e a cui ci si può affezionare per questo) e accettiamo la solitudine in cui viviamo.
Se smettiamo di agire e di dare un senso a questo agire.
Se per un momento ci poniamo in quella dimensione... che succede?
In fondo, la morte è uno di quei momenti: quello che eravamo perde di importanza, quello che saremo non lo sappiamo e ci sfugge - se osiamo andare oltre a quello che crediamo - e non ci sarà nessuno ad ascoltare la storia di quello che eravamo e che ci sta accadendo.
Siamo soli davanti al Nulla, nel Nulla, con Nulla tra le mani.
Forse c'è grande energia lì.
Si può vivere così ogni giorno?
Come sarebbe la vita, e l'energia, in uno stato di coscenza di questo tipo?
Quanta forza personale serve per reggere a questa energia?
A.
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