mercoledì 23 settembre 2009

INSODDISFAZIONE

L'insoddisfazione è un fuoco sacro, diceva Krishamurti.

Senza non c'è spinta al cambiamento, non c'è forza nè energia per crescere e cambiare.

Essere insoddisfatti delle relazioni che si vivono, del lavoro che si fa, del proprio modo di vivere la vita: questa insoddisfazione è la spinta della pianta che esce dal seme nella terra.

Lascia che cresca, non cercare si soffocarla: benedici l'insonnia, l'ansia, l'angoscia, il vuoto e il dolore e delicatamente lascia che arrivi la comprensione di come trasformare questa insoddisfazione per diventare tu il cambiamento che vuoi vedere all'esterno.

Non insistere perchè l'altro cambi.

"Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo", diceva Gandhi.

Solo così l'insoddisfazione non diventa arroganza o cinismo.

Guardati dentro e riconosci che ciò che ti limita è un riflesso della tua anima.

Che non sono gli altri limitati.

La tua anima è limitata.

Limitata da pensieri ed emozioni che la vita ti ha lasciato in eredità dalle centinaia di generazioni prima di te.

Smetti di sognare ciò che vuoi e guarda a questi limiti:
altrimenti i sogni addormentano la tua insoddisfazione

e torni a dormire.

AD

ANDARE E VENIRE

L'amore è fatto di confini e prese di posizione, il cuore ha bisogno di confini e di prese di posizione. Ha bisogno di frasi come "andiamo assieme laggiù...", oppure "ti darò forza per fare quello che serve...", oppure "starò con te se e quando ne hai bisogno...", "se avrai paura ci sarò...", "se avrai freddo ci sarò...", "se soffrirai ci sarò...", "ora ci sono...", oppure "ti seguirò anche all'inferno"....

Un cuore che non può contare su una coscienza così, una coscienza che mette limiti e confini, una coscienza che guida e aiuta; se ha a che fare con una coscienza che va e viene a seconda di come riesce, di come si sente, dell'energia che di volta in volta ha, è un cuore disperato.
Uno che soffre di attacchi di panico ha un cuore disperato: la coscienza non sta con la paura del cuore, sta su una sedia di tribunale e giudica e sentenzia.

Chi ha avuto genitori così da bambino, genitori che giudicavano e basta, o solo che andavano e venivano (ad esempio genitori depressi), da adulto non riesce e contenere il proprio cuore, a dirgli: ci sono sempre per te. E non può farlo nemmeno con un altro. E nemmeno in un rapporto di coppia. Non riesce a restare, riesce solo a giudicare, o a andare e venire.

Così si va e si viene, in base a come ci si sente e a come è l'umore del momento, senza andare a fondo e senza voler capire veramente cosa si sta vivendo. Stare in un rapporto significa alle volte soffrire, ma anche esserci nel dolore è amore, perchè l'amore è attenzione, non è un dolce miele.

Un legame così, fatto di andate e di ritorni, genera disperazione.

Il legame c'è o non c'è: anche il legame intermittente non c'è - la sua presenza è una illusione.
Se uno soffre in questa illusione e dice "soffro", l'altro può sempre dire "ma io ci sono", negando così la sua assenza. Ma resta il fatto che il legame c'è o non c'è.

Così, se stai in una relazione dove senti che l'altro va e viene, semplicemente vivi questa disperazione, comunicala, cerca di condividerla: ma se senti che non è capita, allora rifletti sul fatto che forse, la persona che hai davanti è più disperata di te, perchè la sua disperazione nemmeno la vede, e si limita a recitare passivamente il ruolo del carnefice così come una volta è stato vittima in casa sua.

Tu sei lei, e lei è un suo genitore probabilmente.
Lei in te rivive all'esterno la sua disperazione, e così se ne libera provvisoriamente.
Tu in lei puoi rivivere la tua disperazione che provavi con i tuoi genitori - con tua madre più probabilmente.

Così, nell'andare e venire, ciascuno riattualizza qualcosa del suo passato, e può tornare a ricordare.

E liberarsene.

O tornare a dimenticare.

E ripetere all'infinito lo stesso dolore.

AD

lunedì 21 settembre 2009

RELAZIONI DA CUORE A CUORE

Nella PNL non esiste quello che nella psicologia umanistica si chiama "la parte più autentica di sè stessi". Almeno per quello che Bandler diceva.

Oggi dopo anni di terapia personale, posso dire che esiste qualcosa che è la parte più autentica, e libera dal carattere. Non è facile contattarla ogni giorno, ma è poossibile starci sempre più spesso, e questo è l'obiettivo principale di ogni psicoterapia.

Essere davanti a qualcuno, fargli sapere come stiamo senza fingere, e cosa pensiamo, ma soprattutto cosa sentiamo a livello di emozioni.
E permettere all'altro di rimadarci il suo senitire.
E stare in questo dinamismo di una relazione IO-TU, come la chiama Martin Buber.

Non è facile. Significa diventare esseri umani, ma non è da tutti, nè una volta per tutti.

Ci vuole coraggio, pazienza, fiducia e costanza e la capacità di sopportare milioni di cadute.

Ma ogni volta che questo contatto si realizza, tutto ha un senso nuovo e profondo. E la vita assume un altro significato.

AD

venerdì 18 settembre 2009

Le relazioni sono semplici

Alla fine fine, se c'è un insegnamento che uno apprende dal lavoro con le costellazioni familiari, è quello di imparare a sentire l'altro, sia esso presente o meno.

E' possibile sapere se ci è vicino, se ci è lontano col cuore, anche il momento esatto in cui avviene uno stacco.

E' possibile anche avere la percezione di un "movimento energetico", che descrive, nell'arco di pochi minuti o pochi giorni, quello che è lo schema di relazione di quella persona con il mondo e con noi in particolare.

Quella persona scappa sempre, o resta attaccata? Si attacca e poi scappa, con che frequenza? E in che misura?

Così, fenomenologicamente, si può già capire come saranno i giorni a venire in una eventuale relazione con quella persona - facendo attenzione a questa semplice regola: le persone non cambiano.

Si potrà quindi evitare di cadere nella solita trappola: confido che cambierà...
In realtà pochi cambiano, e solo dopo un trauma vissuto con consapevolezza, o una terapia personale.

Per il resto, come diceva Gurdjeff, siamo solo dei burattini.

Alessandro D'Orlando

martedì 25 agosto 2009

Il momento del dolore

Ci sono momenti in cui non c'è nessuna altra alternativa sensata oltre alla sofferenza ed al dolore.

Senza attaccamenti, senza esltazioni del dolore o autoesaltazioni.

Senza nemmeno volerlo evitare con le migliaia di tecniche immaginative e fisiche possibili.
Nessun progetto per il futuro, nessuna fuga nel presente, nessun rimpianto per il passato, nessuna speranza.

Starci, semplicemente, perchè pulisca quello che c'è da pulire, fino alla fine.

Poi si può ricominciare. Di qualsiasi cosa si tratti. Da qualsiasi momento voglia arrivare la fine del dolore.

BUSINESS E ETICA RIUSCITI

http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/ambiente/alghe/alghe/alghe.html

martedì 18 agosto 2009

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http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/ambiente/transition-town/transition-town/transition-town.html

Perche' credi ai complotti, perche' non credi ai complotti

Non credi ai complotti perché ti piace vivere sereno, pensare che andrà tutto bene, che continuerai ad avere lo stesso stile di vita o forse...