Reggere l'intimità nel senso di Erich Berne, ossia quello spazio in cui ci si sente vicini a qualcuno, soprattutto in una relazione di coppia, non è da tutti.
La base è sempre fatta di paura e sofferenza: paura di aver bisogno di qualcuno, paura di ferire qualcuno o di essere feriti, dolore per il rifiuto di un'attenzione o della propria persona.
Per non stare lì ci arrabbiamo, iniziamo guerre preventive, troviamo mille motivi per allontanarci da qualcuno a cui teniamo.
Ma quella è inutile sofferenza e tempo perso.
La sofferenza che serve e il tempo ben speso, è quello in cui si è accettato di stare in quella zona che fa tanto paura.
Non è facile farlo, nè soprattutto prolungare quel soggiorno. Sembra alle volte di stare senza aria nell'acqua...
ma poi... come dire... crescono le branchie...
Un nuovo mondo può aprirsi...
Ed ha un sapore tutto nuovo...
AD
Pensieri di Psicologia, Psicoterapia, Meditazione, Crescita personale; PNL, costellazioni familiari, formazione, respirazione circolare (o rebirthing, o vivation, o simili), ipnosi ericksoniana e tutto quello che vi viene in mente in proposito..
sabato 10 ottobre 2009
sabato 3 ottobre 2009
L'illusione della scelta
"Fai della Tua Vita un Capolavoro!" (Make your Life a Masterpiece!)
Antony Robbins
Alle volte si ha l'impressione di poter scegliere: scegliere tra la notte e aggrapparsi a una scivolosa stallattite in una caverna buia.
O tra la solitudine e il dolore.
O tra un inferno di ghiaccio o uno di fuoco.
E alle volte si ha l'impressione che sia meglio la solitudine con qualcuno che da soli.
La paura, il terrore del nulla fissano lo sguardo orribilmente su un bivio in cui destra e sinistra non sono meglio dello schiantarsi al muro che si ha davanti.
In questi casi, solo la fede che sia possibile qualcosa di diverso può fare la differenza.
Una luce in fondo: che scalda poco, che è lontana, che non illumina.
Che guida solamente.
La vaga sensazione che possa esserci qualcosa di meglio.
Qualcosa di meglio tra morire per un sasso in testa o per una caduta da un ponte.
Serve aspettare.
Respirare.
Fermarsi.
Ansimare con l'asma se occorre.
Ma non è la luce che viene da te: sei tu che deve camminare in quel tunnel.
E potrebbe volerci molto tempo.
E devi tenere lo sguardo su quella luce.
Può non essere nulla.
Ma è tutto quello che hai. E potrebbe essere che è tutto quello che abbiamo sempre avuto per creare qualcosa che non c'è mai stato nella nostra vita, nè in quella della nostra famiglia.
Quella fede, quella piccola fede è ciò che ti porta verso l'eccellenza.
AD
Antony Robbins
Alle volte si ha l'impressione di poter scegliere: scegliere tra la notte e aggrapparsi a una scivolosa stallattite in una caverna buia.
O tra la solitudine e il dolore.
O tra un inferno di ghiaccio o uno di fuoco.
E alle volte si ha l'impressione che sia meglio la solitudine con qualcuno che da soli.
La paura, il terrore del nulla fissano lo sguardo orribilmente su un bivio in cui destra e sinistra non sono meglio dello schiantarsi al muro che si ha davanti.
In questi casi, solo la fede che sia possibile qualcosa di diverso può fare la differenza.
Una luce in fondo: che scalda poco, che è lontana, che non illumina.
Che guida solamente.
La vaga sensazione che possa esserci qualcosa di meglio.
Qualcosa di meglio tra morire per un sasso in testa o per una caduta da un ponte.
Serve aspettare.
Respirare.
Fermarsi.
Ansimare con l'asma se occorre.
Ma non è la luce che viene da te: sei tu che deve camminare in quel tunnel.
E potrebbe volerci molto tempo.
E devi tenere lo sguardo su quella luce.
Può non essere nulla.
Ma è tutto quello che hai. E potrebbe essere che è tutto quello che abbiamo sempre avuto per creare qualcosa che non c'è mai stato nella nostra vita, nè in quella della nostra famiglia.
Quella fede, quella piccola fede è ciò che ti porta verso l'eccellenza.
AD
QUELLI CHE.... UNA VOLTA CHE IL VASO E' ROTTO E' ROTTO
QUELLI CHE.... UNA VOLTA CHE IL VASO E' ROTTO E' ROTTO
Ci sono persone che una volta che la fiducia è stata tradita, non perdonano.
Accusano, si vendicano, poi se ne vanno.
In queste situazioni viene negata all'altro la possibilità di sbagliare con la sua umanità,
viene negata alla crisi il suo valore di cambiamento,
viene data alla relazione tra adulti un significato che non può avere:
chi chiede all'altro "dimmi che starai per sempre con me, dimmi che non mi tradirai mai, dimmi che non mi lascerai mai"… ?
- Solo un bambino, o una bambina, al genitore.
Come dice Hellinger, ognuno ha diritto ad un paio di peccati: chi nega questo, ha un amore piccolo.
E con questo piccolo amore non può crescere, nè dare spazio di crescita alla relazione.
Se quindi decide di andarsene è perchè alla fin fine, cercava una scusa per andarsene: restare, con il doloroso processo di cambiamento che comporta, farebbe troppo male.
Ma male faceva anche prima, male di restare in un rapporto che non doveva crescere: è difficile chiedere ad un rapporto di non crescere e non cambiare.
Il tempo, con il dolore del cambiamento e l’incubo della fine, entra sempre dalla finestra:
solo una creatività costante e una costante ricerca di equilibri può placare questa angoscia.
Fare cose nuove, mettersi in discussione, ammettere i propri errori, seguire l’altro fin nei suoi ragionamenti più estremi per capire come si muove nel mondo, ma senza perdere il proprio: questo permette ad un rapporto di crescere.
Se alla fine l’altro se ne va, per chi resta, resta solo con la sua colpa e la sua solitudine.
Chi se ne va, va con la sensazione di essere nel giusto, completamente anestetizzato nella sua umanità.
Di solito il tempo poi lascia depositare l’illusorio senso della giustizia e resta solo il dolore per la persona che si è lasciata.
Chi è stato lasciato di solito resta con la ferita del non essere stato preso.
Sono ferite che restano e lavorano nell’anima.
E a quel che sento dire e che ho visto nelle costellazioni familiari e che ho vissuto, per sempre.
AD
LA CRISI - DI ALBERT EINSTEIN - da una mail di Sebastiano Zanolli
”Non pretendiamo che le cose cambino, se facciamo sempre la stessa cosa. La crisi è la migliore benedizione che può arrivare a persone e nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dalle difficoltà nello stesso modo che il giorno nasce dalla notte oscura. È dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi, inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. La convenienza delle persone e delle nazioni è di trovare soluzioni e vie d’uscita. Senza crisi non ci sono sfide, e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza. Parlare della crisi significa promuoverla e non nominarla vuol dire esaltare il conformismo. Invece di ciò dobbiamo lavorare duro. Terminiamo definitivamente con l’unica crisi che ci minaccia, cioè la tragedia di non voler lottare per superarla”.
Albert Einstein
Albert Einstein
lunedì 28 settembre 2009
DIAMO VITA A QUALCOSA A OGNI ISTANTE
In ogni momenti qualcosa esce da noi.
Pensieri, emozioni, parole, azioni, gesti.
Possiamo rendere il mondo un posto peggiore o possiamo renderlo un posto migliore.
Dipende da noi.
Ogni volta è una fatica. é faticoso essere attenti, è faticoso essere responsabili del proprio comportamento.
é faticoso impegnarsi con la terapia, la meditazione, lo studio, la consapevolezza quotidiana e l'intenzione quotidiana.
Alla fine fine per la maggior parte di noi, e per la maggior parte del tempo, solo il dolore ci spinge a cambiare.
Ben venga allora il dolore
Alessandro D'Orlando
Pensieri, emozioni, parole, azioni, gesti.
Possiamo rendere il mondo un posto peggiore o possiamo renderlo un posto migliore.
Dipende da noi.
Ogni volta è una fatica. é faticoso essere attenti, è faticoso essere responsabili del proprio comportamento.
é faticoso impegnarsi con la terapia, la meditazione, lo studio, la consapevolezza quotidiana e l'intenzione quotidiana.
Alla fine fine per la maggior parte di noi, e per la maggior parte del tempo, solo il dolore ci spinge a cambiare.
Ben venga allora il dolore
Alessandro D'Orlando
domenica 27 settembre 2009
TIRA E MOLLA
La cosa peggiore è fare quello che il cuore comanda.
Alle volte il cuore porta a mettersi in situazioni insostenibili: per il cuore non ci sono regole, tutto è possibile, non ci sono mai prezzi da pagare.
Il cuore ragiona solo in due modi: cerca piacere e evita il dolore. Ma la vita è troppo complessa per lui.
Senza una coscienza lucida, la vita in balia del cuore diventa un inferno. E la trasformiamo in un inferno anche per gli altri.
La coscienza deve stabilire la direzione sentendo il cuore, ma deve saper dire anche no. Oppure "si, ma con questi paletti!".
Alle volte la strada che sembra la più dura, è quella meno dolorosa sul lungo termine, ma il cuore questo non lo sa.
Conosce solo nel dolore del momento, e solo una coscienza che lo sorregge giorno per giorno può evitare che il cuore si chiuda e si spenga nella disperazione.
Si può piangere ogni giorno per una scelta, ma questa può essere sempre la scelta migliore.
La vita senza cuore è inutile, la vita senza coscienza è un dolore continuo.
Alessandro D'Orlando
Alle volte il cuore porta a mettersi in situazioni insostenibili: per il cuore non ci sono regole, tutto è possibile, non ci sono mai prezzi da pagare.
Il cuore ragiona solo in due modi: cerca piacere e evita il dolore. Ma la vita è troppo complessa per lui.
Senza una coscienza lucida, la vita in balia del cuore diventa un inferno. E la trasformiamo in un inferno anche per gli altri.
La coscienza deve stabilire la direzione sentendo il cuore, ma deve saper dire anche no. Oppure "si, ma con questi paletti!".
Alle volte la strada che sembra la più dura, è quella meno dolorosa sul lungo termine, ma il cuore questo non lo sa.
Conosce solo nel dolore del momento, e solo una coscienza che lo sorregge giorno per giorno può evitare che il cuore si chiuda e si spenga nella disperazione.
Si può piangere ogni giorno per una scelta, ma questa può essere sempre la scelta migliore.
La vita senza cuore è inutile, la vita senza coscienza è un dolore continuo.
Alessandro D'Orlando
sabato 26 settembre 2009
La paura di stare e l'intenzione di stare
Stare vicino a una persona fa paura, specie se si è stati abbandonati, o si è sofferta la mancanza di qualcuno che si amava e che non c'era quando lo si aspettava, o se peggio si è stati aggrediti da chi ci amava e ci doveva proteggere o andava via mentre ci si aspettava che rimanesse.
Alla fin fine siamo stati tutti abbandonati, abbandonati da bambini, o feriti nel corpo o con le parole più e più volte, dallo stesso genitore, o da entrambi: capita ovunque, anche nelle migliori famiglie. Se si ama una persona, si può vedere dentro di lei quella parte bambina, disperata, che piange in silenzio, nel gelo del ritiro, o nella rabbia, o nella disperazione. La si può vedere nella sua cameretta, nel suo piccolo corpo, con il suo piccolo cuore.
E’ una condizione universale: su questa terra ci sono 7 miliardi di bambini disperati che vivono la vita senza che il tempo sia passato da quell'ultima ferita, da quell'ultima cicatrice, da quel momento in cui qualcosa si è rotto nel cuore. Emotivamente l’umanità è restata piccola, molto piccola.
Se si ama una persona, quella parte la si può vedere anche dentro di sè.
Quella parte è fatta di no, di chiusure, di cinismo, di freddo o di distruttività.
Difende dall'abbandono: l'ennesimo abbandono. O dall’aggressione, l’ennesima aggressione.
Così si vive nella paura, scappando dalle relazioni prima dell'ennesima ferita. Fino alla prossima relazione, o sempre nella stessa, ma con uno o più amanti.
Se si ama una persona bisogna vedere quella bambina, quel bambino, in sè e nell'altra persona, amarla, starle vicino, ma rispettando quelle che sono le scelte che quel bambino o quella bambina decidono di fare su quel dolore, su quel pianto, su quel freddo.
E potrebbero non essere scelte sempre sagge o costruttive.
E’ deleterio per il cuore una coscienza che lo lascia in balia delle paure dell’altra persona, vedendo solo il bambino addolorato dell’altro, e non la sua freddezza, il suo egoismo, il suo cinismo che da quel dolore emergono. “In fondo lei o lui è così buono, è così buona”…. No! nello stesso tempo è anche maledettamente sadica.
Così, avere paura in una relazione è normale: il cuore è fragile e più serio diventa il legame più la paura cresce, perché la vicinanza rende anche più facile la ferita dell’abbandono o dell’attacco.
Alcuni soffocano la paura lavorando. Altri scappando. Altri lottando contro chi amano.
Pochi restano fermi in ascolto, come fanno gli erbivori quando fiutano un predatore vicino: con attenzione e intuito.
C'è solo un modo per gestire la paura: avere una coscienza che sa sostenere il cuore con l'intenzione di esserci e che sa regolare la distanza dell’altro, sapendo gestire la lontananza e la vicinanza, senza chiedere al legame di essere sempre al 100% o “aderente” e sorvegliando affinché non diventi troppo “lasco”. Ci vuole una coscienza che sa fermare gli attacchi dell’altro e nello stesso tempo che sa far entrare il buono dell’altro nel proprio cuore. Vedere dentro di sè una forza, un sentimento per cui vale la pena lottare, e lottare per essa è vitale per l’anima, invece aspettare che quella forza risolva tutto da sé è una delle illusioni che più addormentano la coscienza (la coscienza viene così addormentata dalle credenze errate, mentre il cuore dalle emozioni distruttive). Se non si lotta, se si rinuncia, quella forza è sprecata per sempre, e la sua energia può diventare distruttiva.
Bisogna essere all'altezza dei sentimenti che si provano, saperli contenere, saperli guidare e proteggere: se non lo si fa, diventano veleno nel cuore. Accade così anche ai bambini: se non li si sa guidare, consolare, incoraggiare, limitare, crescono come spine nel fianco in una famiglia che deve ancora fare i conti con il mondo delle emozioni e degli affetti, così tanto temuti. Abbiamo tutti spine nel cuore, abbiamo tutti i nostri “no”, abbiamo tutti dolori oltre i quali non permettiamo ancora a qualcuno di entrare. Eppure la vita ha senso solo se ce ne assumiamo la responsabilità, se decidiamo di affrontare queste paure, se decidiamo di affrontarle con la persona che amiamo, per la persona che amiamo. Se non lottiamo fino alla fine per quella persona, forse ce la porteremo dietro per molto, troppo tempo. Non è un male avere limiti nella capacità di amare, non è un male ritirarsi, né attaccare, né disperarsi: è un male giustificare tutto questo, o credere tristemente che sarà per sempre così. Così, se a qualcuno non basta come ami, chiedigli se se la sente di smettere di accusarti e temerti chiedigli di stare dalla tua parte e di aiutarti, e fai qualcosa per crescere assieme a quella persona. Se ti accorgi che non riesci a fidarti del tutto di quella persona, parlaci e cerca di aiutarla a andare oltre i sui limiti. Se parlare non serve, resta in silenzio consapevole di tutti questi limiti e agisci semplicemente senza parole. E se in questo agire silenzioso, in questo dolore, a un certo punto ti accorgi che hai pulito il tuo cuore, ma che fuori ancora non cambia nulla, allora decidi se ha senso restare. Non è un male avere difficoltà: è un male non farsi aiutare a risolverle. Non è un male avere limiti, è un molto rischioso invece pensare di farcela da soli – o con metodi “fai da te”, come gli amanti. Da soli non possiamo fare nulla. Non è un male avere paura: è un male lasciare che questa paura paralizzi e vinca l’intenzione di esserci e di continuare a lottare e soffrire e crescere e vincere. Assieme.
Alessandro D’Orlando
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