domenica 16 novembre 2014

La respirazione come strumento di gestione dello stress nei teatri operativi

Le tensioni derivanti da dinamiche nuove o particolarmente impegnative, possono essere gestite. L'esperto ci spiega come l'organismo può venirci incontro.

Articolo presente su http://www.dearmas.it/articolo.php?articolo=1 
Di Alessandro D’Orlando                                                                                                     24.03.2014

Nel proprio quotidiano, qualsivoglia performance particolarmente impegnativa sul piano mentale o fisico, soprattutto qualsiasi situazione che ha un significato importante a livello personale/professionale, provoca uno stato d’ansia che è “preparatorio” alla sfida che ci attende. Questo stato d’ansia se è troppo basso, determina prestazioni scadenti, ma lo stesso effetto ha anche uno stato d’ansia eccessivo (il cosiddetto distress, o “stress cattivo”). Sulla base di quanto appena illustrato, il livello di tensione dovrebbe quindi essere nel giusto range (parliamo così di eustress, o “stress buono”). Moltissime sono le situazioni quotidiane stressanti: dall’esame scolastico all’incontro per un nuovo impiego, fino alla prestazione sportiva o al cambiamento legato alle proprie abitudini. 
Negli ambienti dove si modificano ritmi, vengono stravolte le abitudini e il contesto sociale e ambientale crea situazioni che allontanano fortemente l’individuo dalla sua quotidianità, i livelli di stress sono ancora più alti e portano facilmente a livelli di distress: è il caso dei professionisti impiegati nelle aree di crisi, dagli operatori delle NGO (Non-Governmental Organization), delle IO (International Organization), operatori dell’informazione, fino ai militari in missione fuori-area. In poche parole: gli attori impiegati in teatri operativi. Per ovvi motivi di opportunità, concentreremo l’attenzione in particolare sulla figura dei militari, che pur essendo soggetti a specifici addestramenti (mirati non solo ad acquisire le tecniche e le competenze, ma anche una buona capacità di gestione delle criticità), non sono totalmente immuni a diversi fattori che possono incidere notevolmente sul livello di stress.
Tra i fattori, sul piano fisico ci sono: il territorio, che può portare a una pressione a causa del repentino cambiamento climatico, soprattutto in luoghi proibitivi come l’Afghanistan; l’altitudine (come nel caso dell’installazione di Herat); l’aria densa di polveri o l’alimentazione, che favoriscono in alcuni casi disturbi gastrointestinali e congiuntiviti. Sul piano mentale ed emotivo: il costante stato di pericolo (che può essere amplificato tramite l’immaginazione dei possibili scenari che possono comparire l’ora, il giorno, la settimana successiva, e da un possibile senso d’impotenza davanti a situazioni ipotetiche e di non semplice sostenibilità); episodi critici occorsi non solo a sé stessi ma anche ai colleghi, come incidenti o attacchi; stanchezza per i turni estenuanti; la lontananza dai propri affetti sul lungo periodo. Infine, insicurezze, pregressi emotivi non felici, ricordi spiacevoli, problematiche di salute possono aumentare il livello di vulnerabilità soggettivo.
Le conseguenze dello stress possono essere innumerevoli: stati mentali che aumentano l’imprecisione nelle operazioni ed espongono a inutili rischi; conflitti con i proprio colleghi e la propria squadra di riferimento innanzitutto, e in secondo tempo anche su familiari; disturbi legati al sonno o all’appetito, fino alle forme più gravi quali ad esempio la depressione, i disturbi organici e i sintomi tipici susseguenti ad episodi traumatici importanti come il Disturbo da Stress Post Traumatico. Uno degli effetti immediati dell’incremento del livello di stress, immediatamente identificabile e più facilmente monitorabile, è la riduzione della respirazione e conseguentemente un rapido deterioramento psicofisico: questo è il motivo per cui le tecniche di respirazione possono essere molto utili.
La pratica della respirazione consapevole ad esempio, prevedendo un’attenzione costante al respiro e alle sensazioni a esso collegate, consente lo sviluppo della “propriocezione” (percezione di se stessi): è posta così la base della capacità di monitorare il proprio stato psicofisico con precisione. La capacità di avere la corretta percezione, istante per istante, delle proprie condizioni fisiche (es. livello di ossigenazione o tensioni muscolari inutili), emozionali (tipo di emozioni provate e intensità), mentali (grado di concentrazione e di attenzione) è la premessa fondamentale per un’adeguata capacità di risposta nel “qui e ora” a quello che la situazione richiede.
Oltre a incrementare la presenza mentale, la pratica della respirazione addestra al ritiro dei sensi dall’esterno e dalle attività spesso incessanti e febbrili della mente – passaggio molto importante per giungere a stati di rilassamento rigeneranti a dispetto di eventuali stressors esterni o interni (dolori fisici, immagini o pensieri disturbanti). Testimoniano l’efficacia della pratica anni e secoli di utilizzo dello strumento all’interno delle arti marziali delle origini, dove non bastava la conoscenza tecnica dei gesti o delle armi: occorreva una presenza mentale, una capacità di risposta davanti alle situazioni più angoscianti, che poteva essere adeguatamente sviluppata solo addestrando la mente a “svuotarsi”, per esempio focalizzando l’attenzione sul respiro.
Oltre a questi vantaggi rispetto alla gestione dello stress, alla consapevolezza di sé e alla presenza mentale, ne abbiamo altri dalla pratica del respiro consapevole lento e profondo:
livello fisico migliora l’eliminazione tossinica e lo scambio ionico con l’ambiente esterno, consentendo così di recuperare in tempi più ridotti eventuali perdite energetiche; inoltre, l’alcalinizzazione del sangue contrasta in modo benefico l’acidificazione a cui siamo sottoposti a causa dell’alimentazione errata e un accumulo tossinico.
livello emotivo permette di rilasciare le tensioni, accumulate nelle parziali apnee a cui ricorriamo inconsciamente per bloccare un dolore fisico, emotivo o una immagine o pensiero dolorosi (ad esempio, quando si contrare il respiro per non sentire un colpo al ginocchio). Se vi soffermate ora sul vostro respiro, mentre state leggendo queste righe, potrete notare il suo ritmo e la profondità  (e potreste ripetere questo piccolo test domani notando come cambiano i parametri osservati in base al contesto). Potrete quindi scoprire come in situazioni di tensione il respiro diventa più corto e lento, e all’opposto in momenti di tranquillità diventa più lento e profondo.
livello mentale, l’aumento dell’ossigenazione consente di migliorare la memoria e la concentrazione, prime vittime delle apnee respiratorie. L’attenzione dedicata al respiro porta inoltre a uno stato mentale di maggiore calma e tranquillità e non a caso è questa la più antica pratica di rilassamento/meditazione che l’umanità conosca, a partire dalle tecniche yogiche (che riguardano lo Yoga n.d.r.) dell’India datate 5000 anni.
Riassumendo, il primo segnale di stress importante è la riduzione del respiro: attuata in modo inconscio per non percepire stimoli spiacevoli, nel tempo porta a un deterioramento della qualità del sangue, dello stato mentale e della condizione psicofisica in generale. Questa situazione può essere contrastata efficacemente addestrando l’abilità di portare consapevolmente l’attenzione al respiro e rendendolo più lento e profondo.
In teatro operativo, è possibile addestrare questa capacità praticando tecniche molto semplici ed efficaci. Ad esempio ritagliandosi cinque minuti, stando seduti in ufficio (sedendo con la schiena dritta, a occhi chiusi, in ambiente ben areato); oppure all’aperto, stando in piedi o seduti, sempre a occhi chiusi; oppure in camera prima di dormire, distesi sul letto. 
Con il tempo, con la pratica, sarà possibile portare l’attenzione al proprio respiro a occhi aperti, durante le attività della giornata e si potranno notare i vantaggi sul piano psicofisico e del proprio comportamento (migliorato e maggiormente controllato). Il “respiro consapevole” è quindi un alleato prezioso nel mantenere il giusto livello di stress e garantire, con pochissimo dispendio di energie, una migliore qualità della vita.
  
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Alessandro D'Orlando, è psicologo clinico e psicoterapeuta ad indirizzo gestaltico. Membro dell’Associazione EMDR - Eye Movement Desensitization and Reprocessing - Italia, consulente aziendale e formatore, conduttore di gruppi di crescita personale; autore del libro “Intelligenza Emotiva e Respiro”, ed. Amrita, 2007 e dell’audio libro “La magia del respiro circolare”, ed. Good Mood, 2014. Per informazioni: alessandro.dorlando@gmail.com

martedì 4 novembre 2014

Preghiera che guarisce dalle ferite affettive

Che tu possa essere felice,
se anche per farlo devi mentire,
o tradire,
o comportarti male,

che tu possa essere felice,
perché la felicità è la luce che guarisce il male fatto e anche quello che potremmo fare in futuro.

Solo le persone infelici mentono, tradiscono e si comportano male, perciò che tu possa trovare la tua felicità - farai felice te, il mondo e - anche se ancora non lo capisco - anche me.

Nella felicità sarò libero dal peso di renderti infelice,

e mi darai l'opportunità di darti qualcosa di importante, ossia la sincera contentezza per la tua felicità.

Mi darai l'opportunità di liberarmi dal desiderio di possesso, dalla paura della solitudine, dal senso di essere sbagliato, dai brutti ricordi di un passato dove non c'eri e che rivivono nella solitudine del presente.

Mi darai l'opportunità di immaginare cosa mi ha tormentato così tanto nel passato, e essere contento per te, libero dalla preoccupazione per il mio piccolo destino e il mio misero ego.

Che tu possa essere felice, e per il fatto stesso di sentirlo capisco che sono guarito non solo dalla sofferenza, ma anche dall'attaccamento.

Che io possa sentire l'abbandono, il rifiuto e il giudizio ancora un milione di volte, fino a che non sia finalmente libero dalla paura di questi fantasmi.

Che io possa sentire la solitudine e l'angoscia ancora un miliardo di volte, fino a che non avrò una compassione così grande per me e per chi prova queste sofferenze, da sentirmi come il sole, forte e equanime, luminoso e caldo.

E grazie per questa preziosa occasione di capire queste importanti lezioni.




giovedì 21 agosto 2014

Nessun animale può vivere in cattività - nemmeno l'uomo

Author w:en:User:Grant985,
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Orche che mangiano addestratori,
delfini che attaccano l'uomo,
cani che impazziscono,
leoni che cadono in depressione
e panda che smettono di riprodursi.

L'effetto del controllo e della razionalità senza amore e attenzione sono la depressione e la morte di ogni essere vivente.

Anche dell'essere umano.

Il primo atto di liberazione nell'uomo è la meditazione.

Lì non siamo più schiavi di nulla - siamo faccia a faccia con la paura e l'Ego suo figlio.

Siamo faccia a faccia con le radici del male che vediamo nel mondo.

Siamo a un passo solo dalla liberazione.

Un giorno salteremo liberi - quando l'Ego saprà che siamo pronti per la libertà
Quando sentirà che non abbiamo più paura.

Finirà la cattività per noi e per chi ci sta vicino e per chi dipende da noi.








domenica 20 luglio 2014

Dal dolore all'amore

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Il Dolore con il Cuore,

è come lo schiaccianoci con la noce.

L'unico modo per uscire da quella pressione è cedere,

e lasciare che ogni sentimento d'amore fluisca all'esterno.

Forse, alla fine di tutto, ciò che ci fa ammalare non è il fatto di perdere ciò che per noi era importante,
non è la depressione o l'angoscia o l'ansia o gli attacchi di panico.

E' l'amore che abbiamo represso nel cuore per noi stessi,
per chi riteniamo ci abbia fatto del male,
per chi abbiamo vicino.

Le persone che sanno amare di meno sono quelle che prima crollano davanti al dolore.

Quelle che invece....

lo attraversano, lo vivono fino in fondo e mentre lo vivono continuano a ringraziare la situazione e le persone che sono percepite come la causa della sofferenza,

... camminano nell'inferno guardando con attenzione ai fiori sul sentiero che possono sopravvivere anche laggiù,

... accettano l'annullamento come un modo per uscire dal proprio egoismo, dal proprio carattere, da quell'idea assurda che tutto debba durare per sempre,

... nella sofferenza trovano l'esperienza della fine di tutto,

... lasciano andare la mano che prima afferrava disperatamente qualcosa che si sapeva sarebbe prima o poi andato,

hanno la possibilità di scoprire un po' di più cosa significa avere la mano libera per ricevere, cosa significa vivere nella fiducia verso la vita, cosa significa sciogliere la coscienza da attaccamenti importanti, cosa significa avere attenzione per il mondo circostante e i suoi abitanti,

scoprono la forza nelle proprie gambe.

Alla fine non ci porteremo con noi i nostri averi o chi o cosa ci crea sicurezza nella vita - saremo faccia a faccia con la verità di quanto siamo riusciti a oltrepassare questa paura di vivere e a stare nell'amore per ciò che è, ciò che è stato e ciò che ha da venire.








giovedì 17 luglio 2014

Ricominciare dall'inizio - sempre

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Come in un Eterno Ritorno

siamo condannati a rivivere la stessa angoscia dei primi anni di vita,

gli stessi dolori, le stesse sofferenze.

Quando finisce un amore, o crolla qualcosa che credevi sicuro,
riviviamo come cadendo di piano in piano attraverso sottili e fragili pavimenti

situazioni e emozioni vissute mesi, anni, secoli fa.

Lo sappiamo così bene in fondo che per questo ci attacchiamo a ogni appiglio di sicurezza.

Laggiù ci sono coccodrilli, serpenti, mostri,
ed è per questo che vogliamo poter contare su qualcosa o qualcuno,
e preferiamo la sicurezza all'amore, il possesso alla libertà.

Preferiamo così combattere false battaglie per il possesso che vere lotte per guarire dalla nostra oscurità.

L'amore per le persone e ciò che ci circonda richiederebbe il coraggio di scendere in questi piani bassi più che il nostro aggrapparci a ciò che ci è vicino, l'accettazione di ciò che è, la vittoria giorno dopo giorno sulla paura.

Una battaglia mai scontata, mai vinta, sempre in trincea,
armati di tutto ciò che troviamo e sappiamo usare alla meno peggio,
mai finalmente liberi o al sicuro.
Umilmente davanti a qualcosa che è più grande di noi e della stessa umanità.

Come davanti a dinosauri armati di padelle e mestoli dentro a una buca che non riesce nemmeno a nasconderci.

Davanti all'amore e ai suoi limiti spietati posti dalla paura - se siamo onesti con noi stessi - non possiamo che sentirci sempre più piccoli di quello che vorremmo.

Ci aspetta un giorno la grandezza e la vittoria sulla paura - grandi esseri ci sono riusciti.
Ma ci vogliono disciplina, intenzione, strumenti, lavoro interiore - per tutta la vita, secondo dopo secondo.








domenica 13 luglio 2014

Essere vincitori è più importante che vincere

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Possiamo avere solo ciò che abbiamo già...

... e non avremo mai quello che già non abbiamo....

... dentro di noi...

Dentro di noi si forgia la miseria o la ricchezza...

Una relazione felice c'è se la sappiamo immaginare e starci bene in quella immagine.

Una situazione di benessere la possiamo vivere se dentro già la possiamo immaginare e ci stiamo bene in quell'immagine.

Poi si tratta di andare nel mondo e muoversi e agire con la fiducia che può succedere quello che desideriamo.

Poi si tratta di aver fede in noi e in quella immagine anche quando fuori piove e fa freddo.

Poi si tratta di saper perseverare, con tenacia e costanza e ottimismo.

Fatto tutto questo, a un certo punto diventa anche indifferente se poi vinciamo o no.

Abbiamo imparato ad essere vincitori: è più importante che vincere qualcosa che poi la vita ci può togliere in qualsiasi momento comunque.


mercoledì 14 maggio 2014

Quell'inquietudine che hai dentro

Non puoi fermarti,
non puoi goderti quello che hai,
non puoi riposarti sui tuoi successi,
né sentirti nutrito dalle congratulazioni.

Ogni posto è un problema perché
quando l'hai raggiunto,
già vorresti essere in un altro.

Poi provi rabbia davanti a questo.
Perché deve essere sempre così?

Allora ti dò un consiglio:
vai a trovare la parte che soffre.

Quella che ascolta le critiche continue,
le lamentele del tarlo.
Tarlo che dice:
"Non dovresti fare questo ma quello,
non basta ancora quello che fai,
come vedi non stai facendo la cosa giusta ecc".
Se ascolti la sofferenza si crea silenzio:
il Tarlo scompare, il rumore delle sue mascelle si attenua,
anche la tua frustrazione al solito teatrino che hai dentro per la cronica insoddisfazione.

Stai nella sofferenza.

E' meglio.
Da lì puoi ricordarti di chi ti brontolava tutto il giorno,
da lì puoi capire come stavi veramente allora.

Da lì inizi a provare compassione per te stesso.

Da lì paradossalmente inizi a goderti la vita. Un passo alla volta.


Perche' credi ai complotti, perche' non credi ai complotti

Non credi ai complotti perché ti piace vivere sereno, pensare che andrà tutto bene, che continuerai ad avere lo stesso stile di vita o forse...