giovedì 31 dicembre 2009

fidati solo di chi ti dice di sì

Se dici a qualcuno che lui è in una certa maniera in certe occasioni, che si comporta così, e che hai la fantasia che lui abbia questo tratto di carattere, e lui senza arrabbiarsi ti dice che...

si, può essere,

che ci penserà, che vuole saperne di più, che ti chiede cosa intendi dire,

allora di quella persona ti puoi fidare.

Se invece si arrabbia con te,

allora sai che hai davanti una persona che non è completamente trasparente e onesta.

E tienila a distanza di sicurezza, la tua distanza.

AD

mercoledì 30 dicembre 2009

Ambizioni

Quel che devi pagare lo pagherai comunque.

La vita torna tutto con gli interessi.

Ma con quel che resta mentre paghi i tuoi debiti crea il mondo che desideri e che ti libera dai debiti e che ti rende ancora più ricco.

Non serve a niente pensare ai debiti, a meno che non vuoi che crescano.

Serve pensarci solo per non farli più e per diventare più intelligente nella gestione delle tue risorse.

E soprattutto pensa a come diventare più ricco.

A

Antidoti ai sintomi psicologici

L'ispirazione è l'antidoto alla disperazione,

La pazienza all'impotenza,

La benevolenza alla gelosia,

L'accettazione del dolore al narcisismo,

Avere uno scopo alla rassegnazione,

Avere degli obiettivi al senso di smarrimento,

Lo scrivere alla confusione,

Il condividere al senso di essere inutili.

Qualsiasi sia lo stato in cui ti trovi a soffrire, permetti alla tua anima di suggerirti un antidoto e poi applicalo con coscienziosità e costanza.

Fa bene come quando prendi una medicina.

AD

martedì 29 dicembre 2009

Storie d'amore: l'essenziale è invisibile agli occhi.

Come insegnano le costellazioni familiari, non serve guardare fuori per capire cosa sta facendo la persona con cui stai.

Basta che ti ascolti dentro.

Dentro succede quello che è veramente importante.

"L'essenziale è invisibile agli occhi" diceva la volpe al Piccolo Principe.

Puoi capire se la persona con cui stai guarda a te, o oltre a te, o a fianco a te, o se ti dà la schiena.

Puoi capire se cerchi di trattenerla, o se cerchi di allontanarla.
Se l'altra ti vuole trattenere o ti vuole allontanare.

Puoi capire se l'altra ti prende o invece ti respinge.

E tutto questo aldilà di ciò che tu dici, o che ti viene detto, o promesso.

Puoi capire se stai cercando di forzare le cose per vivere ciò che vuoi vivere aldilà della persona che hai davanti, o aldilà della realtà e di ciò che è.

Oggi, chiudendo gli occhi e ascoltando, con umiltà e accogliendo la lezione, ho imparato qualcosa,

con un senso di liberazione.

AD

lunedì 28 dicembre 2009

John Demartini

Nei suoi libri parla di 4 forze che permettono di trasformare la propria vita positivamente: l'amore, la gratitudine, l'entusiasmo e l'ispirazione.

Oggi riflettevo sul fatto che l'entusiasmo potrebbe appartenere all'essenza, mentre l'esaltazione per il successo all'ego, e così l'ispirazione appartiene all'essenza mentre vivere per obiettivi all'ego.

La gratidudine appartiene all'essenza ed è un ottimo modo per lasciare indietro i dolori e trasformarli. Il mandare a quel paese chi ci ha ferito appartiene invece all'ego e alla fine ci si attura addosso quanto si vuole lasciare indietro.

L'amore è invece un ottimo modo per integrare quanto ci addolora, mentre il dimenticare appartiene all'ego e perchè prima o poi ritroveremo quanto abbiamo voluto celare nel passato.

Da oggi terrò bene in mente queste 4 forze: penso che siamo molto potenti.

AD

sabato 26 dicembre 2009

Dalla mia amica graziella, ricevo e posto...

Care amiche, cari amici,


non è mai troppo tardi per accorgersi del valore della vita, e delle cose che abbiamo. A volte ce ne accorgiamo solo se veniamo colpiti da una grava malattia o qualcuno vicino a noi si ammala gravemente o se ne va dall'altra parte.
Dire grazie ci apre alla prosperità, alla abbondanza, alla salute e e fa fluire l'amore nella nostra vita. E' come se si aprisse una porta sull'Universo e potessimo accedere a tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
Dire grazie ci fa sentire, almeno per un attimo, più umili e a riconoscere che c'è qualcosa di più grande di noi, che lavora per noi, per il nostro benessere, per la nostra evoluzione spirituale, per far fluire l'amore dove si è bloccato.






Un giorno, un Uomo, un francese, viene attirato da un sasso che si trovava sul suo cammino, lo raccoglie, lo guarda, non è nè brutto nè bello è un sasso come milioni di altri. Ma lui sente che quel sasso si era fatto riconoscere, proprio da lui, e così lo mette nella tasca dei pantaloni.
Dopo qualche tempo infilando la mano nei pantaloni si accorge del sasso e ringrazia per la bella giornata, poi ogni volta che infila la mano in tasca ringrazia per qualche cosa che ha nella sua vita. Più il tempo passa più lui si accorge che questo semplice gesto porta via via più abbondanza, più prosperità e più gioia nella sua vita e così lo chiama il "Sasso della gratitudine".
Un giorno lo viene a trovare un suo amico brasiliano che aveva una figlia affetta da una gravissima malattia, considerata dalla medicina una malattia incurabile. L'uomo è disperato e si confida con l'amico francese. L'amico gli fa vedere il suo sasso e allora l'uomo lo prega di trovarne uno adatto a lui e alla sua amata figliola.
L'uomo riparte per il Brasile con il sasso in tasca e appena giunto a casa lo porta subito alla figlia morente.
La figlia dopo poco guarisce e la storia si diffonde talmente che il padre raccoglie sassi che distribuisce a 10 dollari l'uno, e con il ricavato fonda un istituto di ricerca scientifica per guarire della malattia che aveva colpito la figlia.


Questa storia mi ha molto toccata e mesi fa, trovandomi sul Gargano a Mattinata, nella sua splendida baia ho raccolto tanti sassi. La sera a cena, invitata a casa di amici, ho messo per ognuno di loro un sasso come segnaposto sulla tavola, scrivendoci sopra "Grazie".
Qualche giorno dopo la figlia della padrona di casa che era in stato interessante di alcuni mesi rischia l'aborto spontaneo. La madre corre a casa e le porta il sasso della gratitudine che aveva ricevuto in dono qualche sera prima.
Anche in questo caso un vero miracolo, la figlia si è ripresa e il bimbo è nato regolarmente dopo nove mesi.




TANTI AUGURI A TUTTI


graziella

martedì 22 dicembre 2009

E' normale drogarsi

é normale cercare l'intensità.

L'intensità acceca, possiede, ci permette di trascendere noi stessi e di perderci.

L'intensità annulla la fatica di vivere.

L'intensità annulla per un momento le prigioni dell'ego.

Sesso, innamoramento, successo, denaro, potere, cocaina, droghe in genere.

Ci si dimentica da sè stessi per un attimo.

Poi si ritorna a sè stessi.

Tantro più poveri tanto più siamo stati "fuori".
Fare una cosa per dimenticarsi, fare una cosa per dimenticare...
Ecco un ottimo modo per rinforzarlo bene.

AD

lunedì 21 dicembre 2009

Troppo facile cambiare le cose

Cambiare è facile.

é molto più facile che guardare a ciò che è.

Guardare a ciò che è è facile ma non semplice. Basta stare a vedere, percepire, ascoltare quello che ti angoscia mentre non fai nulla.

Se non riesci a dormire non fare nulla.

Se non sai cosa fare non fare nulla.

Se non sai cosa pensare non pensare a nulla.

Se non sai cosa dire non dire nulla.

Resta senza fare niente.

Qualcosa poi accade.

Qualcosa che non avevi previsto.

AD

sabato 19 dicembre 2009

L'immagine sopra il cuore

Nelle maggior parte delle coppie si tradisce per cercare l'amore che appaga, quello leggero, quello romantico, quello mai vissuto, quello che appaga e riempie.

Oppure si tradisce per rabbia o vendetta.

O semplicemente per noia.

E poi c'è il tradimento concordato nella coppia aperta.

La coppia è semplicemente qualcosa che fa acqua da tutte le parti.

E funziona solo se viene vissuta come una esperienza spirituale.
Il partner è una esperienza spirituale.
Lo sono i bambini.
Lo è la noia.
Lo è il rancore.
Lo è la freddezza che ci si dimostra, e il male che ci si fa.

Non è romantico,
non è bello,
non è dolce,

è solo pura attenzione e ciò che si vive.

é solo amore.

AD

venerdì 18 dicembre 2009

Per lasciare il passato

Oggi sto ringraziando,

le persone che mi hanno tradito per avermi insegnato la fedeltà,

le persone che mi hanno mentito per avermi insegnato a dire la verità,

le persone confuse perchè mi hanno insegnato il valore della chiarezza,

le persone che mi hanno abbandonato perchè mi hanno insegnato il valore della presenza,

le persone sconnesse dal cuore perchè mi hanno insegnato l'immenso valore della consapevolezza,

le persone che mi hanno tolto qualcosa di prezioso perchè mi hanno insegnato
l'impermanenza di tutto e il valore del non attaccamento,

le ringrazio perchè mi hanno fatto capire che cosa si prova davanti alla durezza di chi si ama,

le ringrazio perchè mi hanno insegnato che condannare significa legarsi e ripetere gli stessi errori che si condannano, o ritravarli ancora e ancora nelle persone che si incontrano,

le ringrazio perchè mi hanno fatto da specchio,

e perchè mi hanno insegnato a ringraziare.

Forse quello che si perde non torna più,

Ma quello che resta è la fragranza, la bellezza della gratitudine.

Buona serata

AD

domenica 13 dicembre 2009

Quello che non passa mai

Se sei in un rapporto dove ogni giorno hai la sensazione che se non fai qualcosa per tenere vicino la persona che ami questa se ne va,

se questa persona ti attacca continuamente e non sai come fare per fare una cosa che sia giusta ai suoi occhi,

se questa persona ti minaccia continuamente di andarsene ma poi torna, ma non sa fino a quando,

se temi di perderla e ti pieghi davanti a lei perchè non succeda,

chiediti chi era qual bambino o quella bambina che facevano la stessa cosa tanti, tanti anni fa: chi era che andava e veniva, chi attaccava e poi amava e poi tornava ad attaccare? Chi cambiava faccia ogni pochi secondi? Chi dava dolore e amore nello stesso tempo? Davanti a chi facevi finta di stare bene o ti annullavi per non sconvolgere delicati equilibri?

Allora togli lo sguardo dalla persona del presente che ti uccide di nostalgia, dolore, gelosia, pausa di essere abbandonata,

lascia che la sua immagine vada sullo sfondo,

guarda a quel fratello, a quella sorella, a quella madre o quel padre che facevano lo stesso,

e lascia andare loro e la loro durezza,

e lascia andare la persona che ami e la sua durezza.

Chi era nel passato rimarrà per sempre nel tuo passato, a illuminarlo se lo vuoi, o per essere dimenticato se lo vuoi,

chi è nel presente, ecco, quello puoi sceglierlo.

Se ci credi

Alessandro D'Orlando

mercoledì 9 dicembre 2009

La scala della nevrosi

Nella relazione con gli altri possiamo conseiderare che esistono divers livelli di salute.

Al primo livello esistono persone che esistono solo nel carattere: sono pericolose e ci si deve proteggere. Hanno una completa cecità rispetto al mondo interno, hanno un completo desiderio di benessere, cambiano faccia non appena tocchi il loro dolore.
L'unica azione giusta è scappare.

Al secondo livello stanno i nevrotici: essi hanno bisogno di essere contenuti. Non sono pericolosi e vanno contenuti con l'autorità, le regole, il mettere dei limiti.
Se non rispettano i limiti allora anche qui è meglio scappare più che contenere.

Al terzo livello esistono le persone normali di ogni giorno: con esse ci si può relazionare senza grossi sforzi.

Infine ci sono persone di solo cuore: da esse ci si può far guidare.

Un errore comune per chi procede nella via dello sviluppo personale, è farsi impegolare in situazioni dove si riesce a vedere il cuore dell'altro - data la profondità della visione -, ma si sopravvaluta la propria capacità di relazionarsi con quel cuore, si sopravvalutano i propri strumenti e le proprie capacità.

é un peccato di arroganza che si sconta con grandi sofferenze personali.

Dopo queste sofferenze si può imparare a rispettare la chiusura dell'altro, si può avere la giusta distanza e lasciare l'altro nel suo inferno.

E procedere nella via della guarigione dal carattere.

Alessandro D'Orlando

lunedì 7 dicembre 2009

Il vuoto dentro

Stare soli espone a un vuoto,

Un vuoto che contiene tutti i ricordi,

E peggio dei ricordi le situazioni che non si sono chiuse e che forse non si chiuderanno mai,

e oltre ai ricordi e alle situazioni c'è l'infinito spazio del non senso delle cose

e quel vuoto è amplificato dalle persone che mancano,

e dal non sapere come fare a stargli vicino,

è quel vuoto che tiene svegli di notte,

e che spinge a correre e a vivere esperienze: per non caderci dentro.

Ma sai che prima o poi ti raggiungerà.

Poi girarti e aspettarlo a braccia aperte?

Puoi farlo un pò ogni giorno,

puoi farlo un pò ogni notte?

Puoi dargli un pò di spazio nella tua vita?

Cosa succede se lo fai?

Può essere che alla fine, sia solo un bambino che piange?

Piccolo, molto piccolo, piccolo di poche settimane?
Infinitamente debole ma già infinitamente sensibile?

Riesci a reggere questa debolezza, e questa sensibilità contemporaneamente così come ha fatto lui prima di diventare l'essere duro che sei ora?

Alessandro D'Orlando

Il limite della vita

Ci deve essere un limite a tutto:
ai sensi di colpa;
alla vergogna;
alla felicità;
all'entusiasmo;
al dolore;
alla gioia;
al piacere;
alla nostalgia;
al pianto e al rimpianto;
all'odio e alla rabbia;

E anche all'amore.

L'eccesso distrugge la salute e fermarsi quando l'energia è troppa può essere una necessità vitale.

Come nello Yoga, in cui si dice che per canalizzare l'energia in misura sempre più consistente serve pratica e pazienza;

come nel Cristianesimo, dove la visione del divino va dosata perchè ha in sè tanto amore che può essere difficile da reggere;

come accade quando si respira, in cui la visione dell'amore fa crollare il cuore e le sue chiusure dal pianto: e fa tanto, tanto male.

Un giorno forse riusciremo a sentire completamente la vita per come è: fino a quel momento dobbiamo accettare le nostre chiusure, le nostre rigidità, le nostre dissociazioni, i nostri no, le nostre debolezze e le nostre bassezze.

Sono solo un modo per controllare il dolore e la paura di esistere.

Per dare un limite a ciò che percepiamo vivendo.

Per avere la percezione di un senso e di un confine davanti allo spaventoso infinito della vita.

Alessandro D'Orlando

sabato 5 dicembre 2009

L'arte di mangiare sterco

Non è facile mangiare sterco in una relazione.

Alle volte è necessario, se sai di avere sbagliato, o se sai che l'altro ha bisogno di sfogarsi.

Alle volte è terapeutico mangiare sterco perchè insegna a mettere da parte l'ego.

Non è facile tuttavia.

Richiede un'arte sottile e difficile: quella di vedere nella stupidità dell'altro la propria stupidità.

E' difficile, molto difficile: i più crollano in questo compito. Cadono in depressione, o abbandonano il campo prima della fine della partita, verso situazione più leggere e inutili.

Solo se mangi sterco con tranquillità, come se fosse buono - perchè così è: è buono per la crescita - puoi continuare...

Solo se aspetti di aver digerito bene prima di parlare...

La vittoria è sempre la stessa: la conoscenza di sè, la sconfitta dell'ego.

Riguardo alla relazione ... bè, .... può essere perfettamente inutile.

Alessandro D'Orlando

martedì 1 dicembre 2009

Tutto accade per imparare a sorridere

Credo che fosse Madre teresa di Calcutta quella che diceva che la giornata più sprecata è quella in cui non abbiamo mai sorriso.

Credo che avesse ragione.

Inizio a credere che tutto ci accada per imparare a sorridere di nuovo.

Hamingway nei 49 racconti, nella novella "Un posto pulito, illuminato bene", descriveva la preghiera di un cameriere che alla chisura del locale a tarda ora, nella solitudine lasciata dagli ultimi avventori, recitava la sua preghiera del Padre Nostro, sostituendo alla parola Padre la parola Nulla.

Il suo Nichilismo, per quanto attravente da certi punti di vista per il coraggio che richiede alla persona per conviverci, lo portò al suicidio alcuni anni più tardi.

Pathos, nichilismo, tragedia, dolore, fatica devono sciogliersi ad un certo punto in un sorriso di serenità e accettazione: o non sono serviti a nulla.

Il dolore e la sofferenza puliscono. Ma poi devono andarsene: o non sono serviti a nulla.

Per questo credo che a ogni nostro dolore, ogni giorno, dobbiamo dare la libertà di fiorire in un sorriso, di andarsene - e anche di ritornare se serve.

Un sorriso di saluto

Alessandro D'Orlando

lunedì 30 novembre 2009

LE AMBIGUE RELAZIONI DEGLI ADULTI

Con il tempo le relazioni tra le persone diventano sempre più ambigue:

tradimenti affettivi o sessuali, terze persone che gravitano attorno ad un rapporto di coppia, volontà di qualcuno di andarsene, amore-odio per la stessa persona, magari quella più amata, dedsiderio di stare con qualcuno ma anche di lasciarlo, bisogno di avere accanto una persona ma anche averla lontana...

Sono solo alcune comuni ambiguità in cui ci si trova sempre più stretti da adulti.

Per questo il rapporto di coppia perde la sua attrazione: lo si vede per quello che è.

Un gran casino.

L'unico modo forse per mettersi in gioco, e mantenere la capacità di amare qualcuno, è ricordarsi sempre di cosa stava vivendo quel bambino o quella bambina che eravamo nella sua famiglia di origine mentre stava con le emozioni e con i pensieri così come ci sentiamo ora e qui in questa relazione con quella persona.

Allora la relazione con l'altro lascia emergere qualcosa di più profondo dei problemi che ha l'altro: tira fuori i nostri problemi.

Da quelli si può ripartire nel rapporto.

Alessandro D'Orlando

domenica 29 novembre 2009

Sii ora la persona che avresti voluto essere

Quando senti il peso dei tuoi errori, c'è solo un modo per reggerli senza crollare sotto la colpa, per non sprofondare in una depressione o per non sfuggire in un mondo di leggerezza e inconsapevolezza dove non ci sono problemi ma nemmeno consistenze: è il dare frutti a partire dal proprio dolore.

Ogni giorno si può digerirne un pezzo e trasformarlo in quella qualità della presenza, della mente, del cuore, dei comportamenti che avrebbero dovuto esserci e che non ci sono stati.

Che accuse ti venivano fatte? Che cosa ti veniva rimproverato? Di che cosa hanno sofferto le persone vicino a te?
Guarda a tutto questo e non farlo più. Impegnati al massimo.

Il passato non tornerà per questo (è così forse che la vita ci prepara alle perdite che verranno e per le quali non potremo fare nulla), ma almeno tu potrai andare avanti.

Non sarà forse molto quello ti rimane, ma è meglio che il niente che avresti rimandendo in un passato che non esiste più se non nella tua mente.

Alessandro D'Orlando

giovedì 26 novembre 2009

Il mondo dentro

Non abbiamo mai giocato abbastanza da bambini,

non abbiamo visto abbastanza cieli azzurri,

non siamo mai stati abbastanza leggeri,

nè abbiamo ricevuto abbastanza amore,

nè lo abbiamo ricevuto abbastanza equilibrato,

e non ci sono dentro di noi abbastanza risate e gioia da renderci felici senza un motivo particolare.

Così cerchiamo tutti un motivo per stare bene.
E un motivo del perchè non stiamo bene.

Ma credo che alla fine tutto sta in questo: che nel nostro cuore ci sentiamo ancora troppo soli.

La luce non arriva come dovrebbe, nè l'aria, nè i suoni, nè il tocco affettuoso della vita.

Forse è questo che non ci fa dormire, che non ci fa riposare quando potremmo, che non ci fa apprezzare quello che abbiamo, che non ci fa essere gentili.

Eppure, se è così, non c'è nulla di più importante di quello che facciamo, non c'è nulla di più importante della persona che abbiamo davanti, fosse anche la più lontana da noi.

Solo il momento presente ci può riempire a sazietà e ci può rendere felici: non lo può il passato con le sue mummie. Non lo può il futuro con i suoi fantasmi.

Non sarà molto sencondo il nostro giudizio, ma è tutto ciò che abbiamo e dobbiamo averne cura.

é l'unico modo per portare dentro di noi il cielo, il gioco, laggerezza, l'amore, l'equilibrio: esserci e rispettare il nostro bisogno degli altri.

Il nostro enorme bisogno degli altri. Di tutti.

Alessandro D'Orlando

mercoledì 25 novembre 2009

Non fare niente

Quando senti che non puoi andare avanti, stai fermo.

Quando senti che ci sono forze che ti trattengono non sforzarti, ascoltale e percepiscile.

Quando il passato ritorna più e più volte non scacciarlo, ma dagli il posto che chiede e guarda oltre.

Alla fine solo i punti di vista trattengono.

Cambia il puntio di vista sul passato, cu ciò che è stato, su quello che poteva essere, su quello che avevi e che non avrai più, su quello che potrai invece ottenere da adesso in poi...

Cambia il punto di vista e forse ti accorgerai che puoi proseguire.

Alessandro

domenica 22 novembre 2009

Quando le luci si spengono

Arriva sempre un momento in cui non sai più cosa fare.

Un momento in cui non hai più una direzione, non sai più come continuare a fare quello che avevi sempre fatto, a come continuare a credere a quello in cui hai sempre creduto, un momento in cui senti che il fondo della vita è infinito e che tu puoi continuare a scendere se non fai qualcosa di diverso da quello che stai facendo, se non pensi a qualcosa di diverso da quello che stai pensando.

Arriva sempre un momento in cui i grandi sogni che avevi non sembrano più così grandi, in cui credi di essere stato ingannato dai tuoi stessi sogni, in cui effettivamente vedi che erano sogni troppo piccoli, con il loro tempo sprecato – o che erano sogni troppo grandi, con le loro fatiche estenuanti.

Arriva sempre un momento in cui ti accorgi che il tempo è passato e sono alle spalle gli amici di un tempo, e in cui ti accorgi che l’affetto della tua famiglia non riesce a scaldarti il cuore, e in cui non vedi isole dove approdare, in cui ti sembrano sempre più lontane le oasi degli anni verdi e della salute e della innocenza.

Arriva sempre un momento in cui vorresti lasciarti andare e abbandonare ogni fatica, anche se sai che questo non farebbe che peggiorare la situazione.

Arriva sempre un momento in cui quello che sapevi fare non serve più, e che quello che ti viene da fare non fa che ingarbugliare di più le cose. In cui ciò che sai, che pensi, che speri, che credi ti lascia con un senso ancora più profondo di solitudine e insoddisfazione.

E di solito in quei momenti accade di dormire troppo o troppo poco, o di bere troppo, o di stare troppo davanti ad uno schermo blu, o di prendere qualcosa o fare qualcosa che faccia addormentare una mente implacabile con i suoi giudizi.

In quei momenti alle volte sembra di essere vicini alle soglie della morte: la vita appare in retrospettiva e si guarda a tutte le proprie cadute, ai dolori inferti a qualcuno, ai propri fallimenti, alle proprie debolezze. Si resta così, senza parole, davanti a quella che appare come una lunga serie di macerie che portano fino al punto in cui sei fermo a guardare quello che è accaduto. E non vedi prospettive.

In quei momenti non hai vie di fuga, sei in solitudine, davanti al cuore delle persone che hai ferito o abbandonato, davanti ai progetti che hai tradito o in cui non hai mai creduto, davanti ai tuoi giudizi e i tuoi rimproveri che possono essere anche peggiori di ciò che è stato.

E la cosa peggiore è che forse, su ciò che hai fatto, su ciò che hai pensato, su ciò in cui hai creduto, su ciò che realmente hai saputo dare e su ciò che realmente hai saputo ricevere, su ciò che ti resta ancora da fare e da vivere – la cosa peggiore è che forse hai ragione.

In quei momenti il mondo scompare, e allora c’è il rischio che il dolore diventi troppo dolce.
O che tu lo voglia allontanare con altri sogni per ritornare al mondo con questi altri sogni.

In quei momenti il mondo scompare, e sei a un passo dall’essere a tu per tu con il tuo cuore con il suo dolore – e con il dolore del cuore di chi amavi o ami, di chi ti amava o ti sta amando. E forse anche con il dolore delle persone che non hanno niente a che fare con te.

Ti manca solo un ultimo passo, forse il più difficile: non credere nei tuoi giudizi su di te. O di quelli degli altri su di te. O nei giudizi sulla vita e l’esistenza.

Se ce la fai, se reggi, se rinunci ad aggrapparti a facili schemi o a identificarti con il dolore che invade ovunque il tuo mondo – se ce la fai può accadere qualcosa di grande, qualcosa che forse è l’essenza stessa del nostro essere qui:

accade che diventi un poco di più un essere umano.

Dopo, ha senso ricominciare.

Alessandro D’Orlando

giovedì 19 novembre 2009

Una volta almeno tutti sono stati nostra madre o nostro padre.

Questo è quello che si dice in alcune filosofie: una volta almeno tutti ci hanno dato un amore inconddizionato ed infinito: solo che non ce lo ricordiamo.

Quanto la mente può rimuovere l'amore vissuto? Quanto grande può essere questo amore dimenticato? Cosa lo può risvegliare? Ed è opportuno che si risvegli?

é come se la mente potesse farlo, potesse dimenticare un legame, e poi anche ricordare e nel ricordarlo trasfigurare l'esistenza e fare un salto verso stati di equilibrio e forza superiori.

Nel ricordare l'amore per qualcuno o qualcosa è come se passassimo dal giudizio alla compassione, dal prendere al dare, dal pretendere al chiedere umilmente, dal lamento e all'accusa alla gentilezza.
L'ego si fa da parte quando si ricorda l'amore.

Ma la mente tende a dimenticarselo. Per non soffrire del dolore del legame perso.

I legami di vite passate quanto dolore possono dare?

Forse un dolore troppo grande per la vita, se in quel legame perso si cerca ancora di risolvere qualcosa, o di guarire qualche cosa, o di trovare sicurezza o conforto rispetto al nuovo della vita che avanza.

Forse possiamo continuare a nascere e rinascere solo dimenticando, per guarire le ferite passate e i dolori vissuti con altri, nella relazione con persone nuove, o forse le stesse, ma sotto altre sembianze e forme.

E forse possiamo anche fare a meno di reincontrare le stesse persone se ciò che c'era da guarire con quella persona l'abbiamo risolto in noi nella relazione con altri esseri umani o in altre esperienze.

Forse quando il cuore (non la sterile mente) guarisce un dolore o una ferita, passato presente e futuro vengono trasformati nello stesso momento.

Così possiamo continuare ad esistere e guarire senza essere sommersi dai ricordi, dalla nostalgia e dal dolore per qualcosa che c'era e non c'è più.

Dobbiamo dimenticare, dobbiamo andare avanti, dobbiamo semplicemente prendere sul serio la nostra ferita e fare il possibile per guarirla senza continuare a pensare che quella ferita è legata a quella persona specifica del passato: non è vero. Non serve a nessuno se non a creare legami di dolore.

L'altro ha la sua parte, la sua ferita da guarire. Tu puoi avere la tua.
Risolverla assieme sarebbe più facile ma non è possibile il più delle volte.
Servono allora giri tortuosi per l'esistenza, in cui ricostruire un equilibrio tra tanti incontri e tante situazioni. Ogni volta guarendo un pezzettino.

L'incarnazione allora potrebbe essere un rinascere per sistemare un altro pezzettino, non semplicemente per reincontrare chi avevamo perso. In fondo, il chi è meno importante del cosa.
L'attore è meno importante del copione.

E' come se l'anima dovesse recitare un copione, e allora ecco che le si offre un attore, che alle volte accetta di recitare anche parti difficili. Oguuno con lo scopo di imparare qualcosa.

Così la mente può dimenticare, perchè a ricordare è solo il cuore, con le sue ferite e i suoi dolori.

E la guarigione è possibile solo grazie a questo dimenticare il fatto.
Invece la ferita - del rifiuto, dell'inganno, del male subito, delal colpa - va eccome ricordata e rispettata.

E quando la ferita finalmente inizia a guarire, quando si impara a guarire le proprie ferite sempre più velocemente, allora è possibile anche il ricordare con la mente.

E ricordando il fatto con la mente diventa ancora più facile ricordare la ferita con il cuore, in un circolo virtuoso. E il cuore ricordando contatta una ferita ancora più profonda che può essere guarita e facendolo diventa possibile ricordare con la mente un ricordo ancora più precoce.

E così via, tra luci e ombre, sempre più indietro nel passato, sempre più dentro sè stessi, sempre più aperti e compassionevoli con il mondo che altro non è, con le persone e le situazioni, lo specchio delle nostre paure, del nostro dolore, del nostro amore.

Uno specchio dove possiamo rivivere le nostre ferite, guarirle, rivivere situazioni del passato se la nostra mente non vuole darci i ricordi di ciò che è accaduto: il mondo allora è un modo per farci stare in un eterno presente, da cui non possiamo uscire e procedere nel futuro fino a che non usciamo da quella situazione passata che continua a ripresentarsi.

Ferite e fatti continuano ad accaderci fino a che non le affrontiamo nell'unico posto dove ha senso affrontarle: dentro di noi.

Alessandro D'Orlando

lunedì 16 novembre 2009

Il viaggio più difficile è il ritorno

In ogni mito

non è la scoperta il viaggio più difficile,

non è la conquista

non è il trovare qualcosa.

E' il tornare con ciò che si è trovato.

Come è ben descritto nella fiaba del principe senza paura
http://www.grimmstories.com/it/grimm_fiabe/il_principe_senza_paura

Solo se c'è coraggio e determinazione ciò che abbiamo ottenuto con fatica possiamo portarlo nella vita reale.

Altrimenti può scomparire come nebbia al mattino

AD

I tre piani della coppia e i tre tipi di tradimento

Si può tradire in tre modi in una relazione.

Si può tradire sessualmente (andare a letto con un'altra persona per intendersi).
Si può tradire a livello emotivo (infatuarsi per un'altra persona).
Si può tradire a livello di progetti (è un tradimento a livello mentale e di azione).

In una coppia se c'è un solo piano di intesa è già bene. Se ci sono due piani di intesa è super bene. Tre piani di intesa è impossibile. Il terzo non è dato: ad es. lavorare sempre con una persona toglie il mistero e spegne l'eros. Troppa intimità emotiva con una persona toglie anch'esso l'eros, e così via.

A quel punto, nella maggior parte delle coppie quello che si fa è cercare soddisfazione al terzo non dato all'esterno.... e fin qua va bene....

Se però la si trova questa soddisfazione con un altro partner questo è un brutto tradimento, e la coppia che si aveva rischia di saltare.

Per questo è importante apprezzare ciò che si ha, e trovare interessi "neutri" per la coppia che soddisfino le mancanze senza continuare ad accusare il partner del fatto che non arriva la soddisfazione attesa.

Alessandro D'Orlando

sabato 14 novembre 2009

NON C'E' MOTIVO DI ESSERE TRISTE

Siamo terrorizzati quando perdiamo ciò che è importante per noi.

Possiamo provare angoscia e disperazione.

Possiamo provare lutto e dolore profondo.

E'umano: poi però dobbiamo capire una cosa. Che alla fine non soffriamo così profondamente per quello che ci è accaduto e ci sta accadendo.

Soffriamo perchè quell'avvenimento sta agganciando dentro di noi stati emotivi e situazioni del passato irrisolte.

Quindi va bene così: nel dolore piu' profondo hai l'occasione di guarire profondamente.

E puoi guardare al presente con un pò più di amore e con meno paura e giudizio.

venerdì 13 novembre 2009

Il senso della perdita

Non sappiamo se l'essenza di una persona morendo diventa ancora più grande,

non sappiamo se chi è prezioso per noi, andandosene non arricchisca ancora di più la vita nostra e di chi ci sta intorno con la sua invisibile presenza,

non sappiamo cosa c'è oltre ciò che perdiamo, e soprattutto se questa perdita ci prepara a un salto esistenziale ulteriore,

non sappiamo se l'insoddisfazione non prepari l'incontro con qualcosa di ancora più grande e profondo,

non sappiamo nemmeno se le perdite, gli abbandoni, le relazioni sospese e i legami che restano e non vogliono andarsene anzichè occupare tutto lo spazio del cuore lo rendano più ricco e capace di amare....

non lo sappiamo,

ma personalmente ci credo.

Alessandro D'Orlando

mercoledì 4 novembre 2009

L'unica cosa che hai sono i tuoi sogni

Non siamo nulla,

veniamo soli, ce ne andiamo soli.

Conquistiamo con gran fatica qualcosa, e con niente lo perdiamo.

E anche se stiamo attenti a tutto, dobbiamo alla fine andarcene e lasciare tutto.

Resta solo una cosa che possiamo portare con noi: la nostra mente, le emozioni che l'accompagnano, i suoi sogni che ci danno la direzione, la consapevolezza che abbiamo della nostra strada mentre la percorriamo.

Il resto sono solo illusioni.

Forse lo stesso concetto di strada e di sogno: forse anche questi sono solo un canovaccio dove si deve svolgere la nostra esistenza, mentre scopriamo cose più importanti dei nostri sogni.

Anche i sogni sono illusioni forse, e anche la mente che li pensa.

Resta solo il suono del respiro, mentre si abbandonano anche questi pensieri...

Alessandro D'Orlando

martedì 3 novembre 2009

VERITA' SUI VACCINI

http://www.nexusedizioni.it/apri/Appuntamenti/Appuntamenti-da-non-perdere/28-novembre-Gorizia-Vaccinazioni-la-verita-oltre-la-paura/

lunedì 2 novembre 2009

Fatti attraversare dalla depressione

Se provi angoscia perchè sei depresso, di di sì alla depressione.

Lascia che entri e che faccia posto in te.

Lascia che come il germoglio rompe la buccia, così la depressione rompa il tuo carattere.

Vedrai il lato ombra di te, e se sapreai dirgli di sì,

vedrai i tuoi errori e se riuscirai a dire loro di sì,

vivrai rimorsi e sensi di colpa, e se riuscirai a dire loro di sì,

ti ritroverai più grande.

E prima o poi, pronto a ricominciare.

Alessandro D'Orlando

domenica 1 novembre 2009

L'inutilità della rabbia

La rabbia non serve.

Può servire a provarne un pò, ma esprimerla direttamente è inutile e anche dannoso.

Può servire voler mostrarsi arrabbiati, ma senza crederci troppo.

Le parole dette con rabbia, sono parole che nascono dalla disperazione.
E così i gesti, e le azioni.
Diffondono e portano solo altra rabbia, e alla fine altra disperazione.

Se ti accorgi di essere arrabbiato fermati, ascolta cosa è ferito in te, chiediti se quel dolore ha veramente un senso nel presente o non è per caso solo il passato che ritorna a sproposito solo per essere guarito - non per essere espresso.

Se torni a quel punto e, cosa non facile, riesci a stare fermo lì, allora hai finalmente la possibilità di scegliere: scegliere tra dire e fare quello che hai sempre fatto, o volgerti verso quella parte sofferente prendendotene piena responsabilità per guarirla, oppure - tenendo in sospeso e in evidenza per te il tuo dolore - rispondere con amore alla persona e alla situazione che hai davanti.

E' più facile essere amorevoli con gli altri se si accetta la sofferenza che gli altri ci danno - "la sofferenza sono gli altri" diceva Sartre -, è più facile essere amorevoli se il dolore che sentiamo riconosciamo che è compito nostro guarirlo, è più facile se riusciamo a guarirlo.

Allora possiamo agire con amore.

E con decisione, e distruggendo se serve, o creare se serve.

Alessandro D'Orlando

sabato 31 ottobre 2009

La solitudine dell'ipomania

Nell'ipomania tutte le persone ti sembrano uguali.
Nel cuore alcune sono davvero speciali.

Nell'ipomania tutto è possibile: andare avanti, tornare indietro, legarsi e sciolgersi.
Nel cuore il tempo scorre inesorabile e ogni passo è prezioso e definitivo.

Nell'ipomania sembra di stare in paradiso, finalmente liberi dalla paura e dalla solitudine.
Nel cuore l'angoscia e il dolore non lasciano sosta: resta solo la capacità di reggerle.

Nell'ipomania sembra di stare in paradiso, con il cielo azzurro, il sole e le nuvole e angeli e dolci canti.
Nel cuore si sa di stare in una cantina, con le pareti grigie, il buio e l'umidità, tra ragni e insetti grigi e si cerca umilmente una scala per salire qualche metro più in su.

Nell'ipomania si vive giorno per giorno, senza mai pensare al futuro che spaventa.
Nel cuore si vive con la sensazione di essere uno stelo d'erba al vento: non si sa quale temporale sarà quello che ci spazzerà via. Si sa solo che sarà uno di quelli che arriveranno dall'orizzonte, più o meno uguali a quelli sempre visti.

Nell'ipomania nel presente c'è un cuore che piange mentre la mente veloce accarezza scintillanti universi. Nel passato c'è un bambino che piange mentre chi doveva restare era altrove a ridere e perdersi in un'altra mania.
Nel cuore nel presente c'è l'amore per sè stessi e ciò che si è. Nel passato c'è un abbraccio a un bambino che lo chiedeva per trovare calore.

Nell'ipomania non sai che prima o poi il film finisce e restano solo cocci da raccogliere, o forse lo sai ma speri che questa volta sarai al di là di tutto e anche del dolore dei cocci e dei prezzi da pagare. Speri che la vita si piegherà al tuo potere incredibile di creare e vivere.
Nel cuore sai che ogni cosa ha un prezzo e prima di scegliere occorre fare bene i conti.

Nell'ipomania sesso, libertà, velocità, pensieri, azione, amicizie, vittorie e sconfitte sono solo luci veloci dietro il finestrino di un treno.
Nel cuore sono schegge di vetro che lentamente graffiano la carne.

Alessandro D'Orlando

il coraggio della solitudine

Affrontare la vita da soli richiede coraggio.

Ritirarsi in sè stessi e cercare dentro di sè le forze per andare avanti richiede coraggio.

Smettere di appoggiarsi all'esterno richiede forza.

Sai che potresti perdere la sfida, che potresti trovarti da solo nel momento

in cui avrai disperato bisogno di una mano.

Ma sai anche che è meglio avere vicino solo persone che sanno lottare come te.

Ci sono persone che non possono accompagnarti nella tua lotta, perchè non sono disinteressate.

Hanno paura che tu vinca.

O che tu perda.

In entrambi i casi non resta che andare avanti da soli.

E' importante credere che sia possibile.

Alessandro D'Orlando

mercoledì 28 ottobre 2009

Come vs Perchè

Prima di chiederti perchè non fai o non riesci a fare una certa cosa, forse dovresti chiederti perchè vuoi farla. Probabilmente la motivazione è insufficiente.

Ma al di là di questo, anche per capire come mai la tua motivazione è insufficiente, o come mai vuoi farlo, potresti iniziare a farlo e ascoltarti mentre lo fai e puoi ancora tirarti indietro senza troppe conseguenze.

E per iniziare a farlo devi scoprire il come: quindi libri, manuali, guide, coaching... tutto va bene allo scopo.

Solo se dopo tutto il bagaglio strumentale e tutto l'ascolto di cui sei capace non arrivi a capo della faccenda, allora inizia a chiederti il perchè non lo fai.

Chiderselo prima è buono se ti arriva la risposta, ma se non arriva e passi del tempo in camera a pensarci su.... Allora forse ti stai prendendo in giro.

Alessandro D'Orlando

martedì 27 ottobre 2009

I sensi di colpa fanno smarrire la strada

Alle volte capita di voler tornare indietro, ma non ce la fai.

Sai che la cosa giusta sarebbe ritornare al punto in cui avevi preso la strada sbagliata, ma non ti riesce.

Il senso di colpa e di vergogna è più forte. E così la sensazione di aver rovinato tutto.

Trovo che accamparsi davanti alle mura di quella situazione sia la soluzione migliore: semplicemente decidi di tornare indietro, di sopportare il freddo e il buio, di attendere che da quel posto dentro le mura in cui sembra ci sia calore e festa si apra una porta.

E nel frattempo, nella solitudine del bosco, puoi purificarti di tutto ciò che hai sbagliato: pensare agli errori e a come porvi rimedio, accogliere il dolore di aver sbagliato, vedere le conseguenze dei propri errori per sè e per gli altri, trovare gli insegnamenti dietro questi errori.

A un certo punto, forse, quella porta si aprirà, e forse quella porta, sarà solo l'isola della poesia di ITACA: la scusa per un gran bel viaggio.

Alessandro D'Orlando

domenica 25 ottobre 2009

L'ESPERIENZA RENDE STUPIDI

Vedendo il film "L'ultimo Re di Scozia" si vede come l'ambizione di avere sempre più esperienze di vita porti a mettersi in situazioni difficili e assurde, da cui si può uscire con ossa rotte.

Krishnamurti diceva che a farci crescere non è la conoscenza, di situazioni/persone/informazioni, ma è la sensibilità.

La sensibilità ci fa capire le cose quando ancora sono sul nascere - il cosiddetto "pelo sullo stomaco" ce le fa capire più tardi, alle volte sul punto di morte, alle volte - alcuni dicono - solo nell'aldilà.

Respirazione, meditazione, capacità di concentrazione, di attenzione, di raccoglimento, sono tutte strade che portano alla sensibilità.

Mania, desiderio di libertà e potere, esaltazione, volontà di contare qualcosa nella vita rendono invece ottusi e portano tra i rovi, le spine e in situazioni inestricabili da cui vergogna, rabbia, senso di colpa, odio, disperazione ci rendono sempre più ripieggati su noi stessi e stanchi.

Come diceva Ligabue in una bellissima sua canzone "Tutte le strade portano a te" - ma se potessi scegliere ci andrei per quella meno incasinata.

Ora credo che mediterò ascoltando un video di Eckart Tolle su youtube - per chi ama o non conosce Krishnamurti lo consiglio, sono molto simili.

Alessandro D'Orlando

sabato 24 ottobre 2009

ANDARE E VENIRE

Tutto ciò che esiste, esiste in maniera intermittente.

Inspiro ed espiro, nascita a morte, sistole e diastole, crescita e invecchiamento, legame e separazione.

E anche dentro un legame, una relazione, è fisiologico l'andare e venire, lo scoprirsi e il ritirarsi, avere coraggio e poi avere paura.

Accusare qualcuno di questo significa dire banalità, sentirsi in colpa per questo è inutile.

Ciò che conta è lasciare libero l'altro di muoversi come crede, dirgli con amore quelle che sono le proprie aspettative e iniziare per primi a comportarsi come ci si attende dall'altro, aspettandolo poi con pazienza.

E se la risposta tarda a venire è utile allora guardarsi onestamente dentro e chiedersi se ciò che fa l'altro e che ci ferisce e che persiste è in fondo uno specchio di come noi stessi ci comportiamo con noi stessi o nelle relazioni.

Molte volte, se siamo onesti, in ciò che di negativo persiste nel comportamento dell'altro, dobbiamo ammettere che anche noi facciamo lo stesso.

Tutte queste sono operazioni complesse, non da tutti, emotivamente difficili e che mostrano chiaramente come la fedelta e la coppia amorosa sono un percorso prima di tutto spirituale.

E tutto ciò dimostra anche che non c'è da stupirsi per le separazioni.

é invece da chiedersi come mai le persone non si separano.

Stare insieme è in fondo un miracolo.

Impegnarsi per mandare avanti la relazione è un dovere tra i più dimenticati.

La trappola più grande è aspettare di sentirsi spontaneamente portati a fare qualcosa per l'altro: come se costruire una casa dove potersi scaldare e riparare dall'inverno fosse possibile solo se ci si lavora sopra quando se ne ha voglia e senza alcuna cionoscenza in merito.

Mi chiedo ogni tanto il perchè di tutta questa ignoranza...anche perchè

...la vita non aspetta e i conti troppo spesso si fanno tardi.

AD

giovedì 22 ottobre 2009

LA PERIFERICA DELLA VITA

Capitano giorni in cui guardi alle persone che hai amato e che ami ancora oggi, che fanno parte ancora della tua vita o che se sono già andate altrove anche se non l'avresti voluto,

capitano giorni in cui vedi queste persone dentro scene dentro giorni lontano anni, lontano una vita, o anche poche ore, ma sai che non torneranno più

non solo le situazioni ma anche le persone,

capitano giorni in cui sai che tutto ciò che ti separa da queste persone non è il fatto che loro non sono te,

non è legato al fatto che il tempo o la distanza hanno portato separazione,

non è legato a situazioni o a determinati eventi

in questi momenti sai benissimo che si tratta alla fin fine di essere tu in un carattere e l'altro nel suo.

Ci si può incontrare ma solo uscendo ognuno dal suo,

ma fuori fa freddo, e se non ci si tiene e ci si scalda a vicenda è facile tornare ognuno nel suo posto caldo e conosciuto,

dentro quel carattere che ama la vendetta e il senso di potere che dà (8), il ritiro e il freddo e il senso di pace che infondono(5), la paura e la sua ricerca di sicurezza(6) il correre dietro alle fantasie più golose e il senso di libertà relativo (7), al piacere di piacere e al senso dell'abbondanza (2), al piacere di essere utile e al senso di efficenza (3), alla dolorosa profondità dell'essere e al senso di essere speciali (4), alla ricerca spietata della perfezione e al senso di degnità e onore (1), al lavoro e solo lavoro e alla piacevole anestesia che l'accompagna (9).

Bisogna tenersi stretti, e continuare a farlo e lottare per farlo.

Altrimenti si rischia di trovarsi un istante, ben sapendo che le rispettive strade non potranno mai incontrarsi: come quando incontri estranei al finestrino in una qualsiasi teleferica.

Appena riesci a vederli, già sai che se ne andranno.

Se puoi, trova una persona che vuole uscire dalla teleferica, che riesce a scendere la montagna a piedi e sopportando il freddo e che soprattutto voglia farlo con te.

Il resto è solo inutile sofferenza, inutile ricordo.

Alessandro D'Orlando

martedì 20 ottobre 2009

IL CUORE IMPOSSIBILE

é facile dire: "stai nel cuore", oppure "parla con il cuore".

Reggere a ciò che sente il cuore non è per tutti. E' per pochi.

Il cuore sente a livelli inimmaginabili: sente la solitudine, la paura, il terrore, il senso della morte e della caducità, il bisogno di essere amati e di amare, il lutto per le relazioni perse e, peggio ancora, per quelle buttate via con noncuranza e incosapevolezza.

Il cuore sente la chiusura dell'altro, il suo buttarsi via e il buttare via gli altri.

Il cuore sente l'impotenza, la fame, il freddo, l'angoscia e l'oppressione dell'alienazione e della follia dell'umanità.

E' molto più facile stare nella mente, con il suo ordinato e logico senso delle cose.
Con la sua esistenza lineare e sensata.
I progetti per il futuro... la spiegazione di ciò che è stato e di ciò che è...

Stare nel cuore richiede una forza enorme: la forza di chi scende negli abissi alla ricerca delle perle e dei tesori che custodisce, per gioirne poi alla luce del sole.

Se riesci a superare il vederti allo specchio nel bene e soprattuto nel male, se riesci a reggere a tutto il dolore che attraversi, se riesci a reggere al dolore che ti arriva senza reagire, senza andare in mania, senza abbatterti ancora di più.

Se riesci a fare tutto questo....

allora sì, sei nel cuore.

Il resto è inutile zucchero new age.

Alessandro D'Orlando

sabato 10 ottobre 2009

Non succede a te... succede per te...

Questo l'ha detto una paziente in seduta.

Disse che la sua guida interiore le ricordò che quei ricordi dolorosi della sua vita erano legati a avvenimenti che non erano accaduti a lei: erano accaduti per lei.

Paramhansa Yogananda scrisse una volta che davanti al mondo devastato piangeva e chiedeva "perchè?": la risposta che venne dal Dio in lui fu: "lo faccio perchè l'uomo ritrovi tutto ciò nel suo cuore".

Gli avvenimenti che fanno più male... quelli che sembrano far impazzire...

quelli sono i momenti in cui può accadere qualcosa, qualcosa di grande nel cuore.

Aivanov, credo che dica che un saggio sa distillare luce da ogni situazione: per quello emana luce.

Credo che ciò sia profondamente vero.

A.

La perla che nessuno vuole

Reggere l'intimità nel senso di Erich Berne, ossia quello spazio in cui ci si sente vicini a qualcuno, soprattutto in una relazione di coppia, non è da tutti.

La base è sempre fatta di paura e sofferenza: paura di aver bisogno di qualcuno, paura di ferire qualcuno o di essere feriti, dolore per il rifiuto di un'attenzione o della propria persona.

Per non stare lì ci arrabbiamo, iniziamo guerre preventive, troviamo mille motivi per allontanarci da qualcuno a cui teniamo.

Ma quella è inutile sofferenza e tempo perso.

La sofferenza che serve e il tempo ben speso, è quello in cui si è accettato di stare in quella zona che fa tanto paura.

Non è facile farlo, nè soprattutto prolungare quel soggiorno. Sembra alle volte di stare senza aria nell'acqua...

ma poi... come dire... crescono le branchie...
Un nuovo mondo può aprirsi...
Ed ha un sapore tutto nuovo...

AD

sabato 3 ottobre 2009

L'illusione della scelta

"Fai della Tua Vita un Capolavoro!" (Make your Life a Masterpiece!)
Antony Robbins


Alle volte si ha l'impressione di poter scegliere: scegliere tra la notte e aggrapparsi a una scivolosa stallattite in una caverna buia.

O tra la solitudine e il dolore.

O tra un inferno di ghiaccio o uno di fuoco.

E alle volte si ha l'impressione che sia meglio la solitudine con qualcuno che da soli.

La paura, il terrore del nulla fissano lo sguardo orribilmente su un bivio in cui destra e sinistra non sono meglio dello schiantarsi al muro che si ha davanti.

In questi casi, solo la fede che sia possibile qualcosa di diverso può fare la differenza.

Una luce in fondo: che scalda poco, che è lontana, che non illumina.
Che guida solamente.

La vaga sensazione che possa esserci qualcosa di meglio.

Qualcosa di meglio tra morire per un sasso in testa o per una caduta da un ponte.

Serve aspettare.

Respirare.

Fermarsi.

Ansimare con l'asma se occorre.

Ma non è la luce che viene da te: sei tu che deve camminare in quel tunnel.
E potrebbe volerci molto tempo.

E devi tenere lo sguardo su quella luce.

Può non essere nulla.

Ma è tutto quello che hai. E potrebbe essere che è tutto quello che abbiamo sempre avuto per creare qualcosa che non c'è mai stato nella nostra vita, nè in quella della nostra famiglia.

Quella fede, quella piccola fede è ciò che ti porta verso l'eccellenza.

AD

QUELLI CHE.... UNA VOLTA CHE IL VASO E' ROTTO E' ROTTO

QUELLI CHE.... UNA VOLTA CHE IL VASO E' ROTTO E' ROTTO

Ci sono persone che una volta che la fiducia è stata tradita, non perdonano.

Accusano, si vendicano, poi se ne vanno.

In queste situazioni viene negata all'altro la possibilità di sbagliare con la sua umanità,
viene negata alla crisi il suo valore di cambiamento,
viene data alla relazione tra adulti un significato che non può avere:
chi chiede all'altro "dimmi che starai per sempre con me, dimmi che non mi tradirai mai, dimmi che non mi lascerai mai"… ?
- Solo un bambino, o una bambina, al genitore.

Come dice Hellinger, ognuno ha diritto ad un paio di peccati: chi nega questo, ha un amore piccolo.
E con questo piccolo amore non può crescere, nè dare spazio di crescita alla relazione.

Se quindi decide di andarsene è perchè alla fin fine, cercava una scusa per andarsene: restare, con il doloroso processo di cambiamento che comporta, farebbe troppo male.

Ma male faceva anche prima, male di restare in un rapporto che non doveva crescere: è difficile chiedere ad un rapporto di non crescere e non cambiare.
Il tempo, con il dolore del cambiamento e l’incubo della fine, entra sempre dalla finestra:
solo una creatività costante e una costante ricerca di equilibri può placare questa angoscia.

Fare cose nuove, mettersi in discussione, ammettere i propri errori, seguire l’altro fin nei suoi ragionamenti più estremi per capire come si muove nel mondo, ma senza perdere il proprio: questo permette ad un rapporto di crescere.

Se alla fine l’altro se ne va, per chi resta, resta solo con la sua colpa e la sua solitudine.
Chi se ne va, va con la sensazione di essere nel giusto, completamente anestetizzato nella sua umanità.

Di solito il tempo poi lascia depositare l’illusorio senso della giustizia e resta solo il dolore per la persona che si è lasciata.
Chi è stato lasciato di solito resta con la ferita del non essere stato preso.
Sono ferite che restano e lavorano nell’anima.
E a quel che sento dire e che ho visto nelle costellazioni familiari e che ho vissuto, per sempre.

AD

LA CRISI - DI ALBERT EINSTEIN - da una mail di Sebastiano Zanolli

Non pretendiamo che le cose cambino, se facciamo sempre la stessa cosa. La crisi è la migliore benedizione che può arrivare a persone e nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dalle difficoltà nello stesso modo che il giorno nasce dalla notte oscura. È dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi, inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. La convenienza delle persone e delle nazioni è di trovare soluzioni e vie d’uscita. Senza crisi non ci sono sfide, e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza. Parlare della crisi significa promuoverla e non nominarla vuol dire esaltare il conformismo. Invece di ciò dobbiamo lavorare duro. Terminiamo definitivamente con l’unica crisi che ci minaccia, cioè la tragedia di non voler lottare per superarla”.
Albert Einstein

lunedì 28 settembre 2009

DIAMO VITA A QUALCOSA A OGNI ISTANTE

In ogni momenti qualcosa esce da noi.
Pensieri, emozioni, parole, azioni, gesti.

Possiamo rendere il mondo un posto peggiore o possiamo renderlo un posto migliore.

Dipende da noi.

Ogni volta è una fatica. é faticoso essere attenti, è faticoso essere responsabili del proprio comportamento.
é faticoso impegnarsi con la terapia, la meditazione, lo studio, la consapevolezza quotidiana e l'intenzione quotidiana.

Alla fine fine per la maggior parte di noi, e per la maggior parte del tempo, solo il dolore ci spinge a cambiare.

Ben venga allora il dolore

Alessandro D'Orlando

domenica 27 settembre 2009

TIRA E MOLLA

La cosa peggiore è fare quello che il cuore comanda.

Alle volte il cuore porta a mettersi in situazioni insostenibili: per il cuore non ci sono regole, tutto è possibile, non ci sono mai prezzi da pagare.

Il cuore ragiona solo in due modi: cerca piacere e evita il dolore. Ma la vita è troppo complessa per lui.

Senza una coscienza lucida, la vita in balia del cuore diventa un inferno. E la trasformiamo in un inferno anche per gli altri.

La coscienza deve stabilire la direzione sentendo il cuore, ma deve saper dire anche no. Oppure "si, ma con questi paletti!".

Alle volte la strada che sembra la più dura, è quella meno dolorosa sul lungo termine, ma il cuore questo non lo sa.

Conosce solo nel dolore del momento, e solo una coscienza che lo sorregge giorno per giorno può evitare che il cuore si chiuda e si spenga nella disperazione.

Si può piangere ogni giorno per una scelta, ma questa può essere sempre la scelta migliore.

La vita senza cuore è inutile, la vita senza coscienza è un dolore continuo.

Alessandro D'Orlando

sabato 26 settembre 2009

La paura di stare e l'intenzione di stare

L’INTENZIONE DI ESSERCI E LA PAURA DI ESSERCI

Stare vicino a una persona fa paura, specie se si è stati abbandonati, o si è sofferta la mancanza di qualcuno che si amava e che non c'era quando lo si aspettava, o se peggio si è stati aggrediti da chi ci amava e ci doveva proteggere o andava via mentre ci si aspettava che rimanesse.

Alla fin fine siamo stati tutti abbandonati, abbandonati da bambini, o feriti nel corpo o con le parole più e più volte, dallo stesso genitore, o da entrambi: capita ovunque, anche nelle migliori famiglie. Se si ama una persona, si può vedere dentro di lei quella parte bambina, disperata, che piange in silenzio, nel gelo del ritiro, o nella rabbia, o nella disperazione. La si può vedere nella sua cameretta, nel suo piccolo corpo, con il suo piccolo cuore.

E’ una condizione universale: su questa terra ci sono 7 miliardi di bambini disperati che vivono la vita senza che il tempo sia passato da quell'ultima ferita, da quell'ultima cicatrice, da quel momento in cui qualcosa si è rotto nel cuore. Emotivamente l’umanità è restata piccola, molto piccola.

Se si ama una persona, quella parte la si può vedere anche dentro di sè.

Quella parte è fatta di no, di chiusure, di cinismo, di freddo o di distruttività.
Difende dall'abbandono: l'ennesimo abbandono. O dall’aggressione, l’ennesima aggressione.

Così si vive nella paura, scappando dalle relazioni prima dell'ennesima ferita. Fino alla prossima relazione, o sempre nella stessa, ma con uno o più amanti.

Se si ama una persona bisogna vedere quella bambina, quel bambino, in sè e nell'altra persona, amarla, starle vicino, ma rispettando quelle che sono le scelte che quel bambino o quella bambina decidono di fare su quel dolore, su quel pianto, su quel freddo.

E potrebbero non essere scelte sempre sagge o costruttive.

E’ deleterio per il cuore una coscienza che lo lascia in balia delle paure dell’altra persona, vedendo solo il bambino addolorato dell’altro, e non la sua freddezza, il suo egoismo, il suo cinismo che da quel dolore emergono. “In fondo lei o lui è così buono, è così buona”…. No! nello stesso tempo è anche maledettamente sadica.
Così, avere paura in una relazione è normale: il cuore è fragile e più serio diventa il legame più la paura cresce, perché la vicinanza rende anche più facile la ferita dell’abbandono o dell’attacco.
Alcuni soffocano la paura lavorando. Altri scappando. Altri lottando contro chi amano.
Pochi restano fermi in ascolto, come fanno gli erbivori quando fiutano un predatore vicino: con attenzione e intuito.

C'è solo un modo per gestire la paura: avere una coscienza che sa sostenere il cuore con l'intenzione di esserci e che sa regolare la distanza dell’altro, sapendo gestire la lontananza e la vicinanza, senza chiedere al legame di essere sempre al 100% o “aderente” e sorvegliando affinché non diventi troppo “lasco”. Ci vuole una coscienza che sa fermare gli attacchi dell’altro e nello stesso tempo che sa far entrare il buono dell’altro nel proprio cuore. Vedere dentro di sè una forza, un sentimento per cui vale la pena lottare, e lottare per essa è vitale per l’anima, invece aspettare che quella forza risolva tutto da sé è una delle illusioni che più addormentano la coscienza (la coscienza viene così addormentata dalle credenze errate, mentre il cuore dalle emozioni distruttive). Se non si lotta, se si rinuncia, quella forza è sprecata per sempre, e la sua energia può diventare distruttiva.

Bisogna essere all'altezza dei sentimenti che si provano, saperli contenere, saperli guidare e proteggere: se non lo si fa, diventano veleno nel cuore. Accade così anche ai bambini: se non li si sa guidare, consolare, incoraggiare, limitare, crescono come spine nel fianco in una famiglia che deve ancora fare i conti con il mondo delle emozioni e degli affetti, così tanto temuti. Abbiamo tutti spine nel cuore, abbiamo tutti i nostri “no”, abbiamo tutti dolori oltre i quali non permettiamo ancora a qualcuno di entrare. Eppure la vita ha senso solo se ce ne assumiamo la responsabilità, se decidiamo di affrontare queste paure, se decidiamo di affrontarle con la persona che amiamo, per la persona che amiamo. Se non lottiamo fino alla fine per quella persona, forse ce la porteremo dietro per molto, troppo tempo. Non è un male avere limiti nella capacità di amare, non è un male ritirarsi, né attaccare, né disperarsi: è un male giustificare tutto questo, o credere tristemente che sarà per sempre così. Così, se a qualcuno non basta come ami, chiedigli se se la sente di smettere di accusarti e temerti chiedigli di stare dalla tua parte e di aiutarti, e fai qualcosa per crescere assieme a quella persona. Se ti accorgi che non riesci a fidarti del tutto di quella persona, parlaci e cerca di aiutarla a andare oltre i sui limiti. Se parlare non serve, resta in silenzio consapevole di tutti questi limiti e agisci semplicemente senza parole. E se in questo agire silenzioso, in questo dolore, a un certo punto ti accorgi che hai pulito il tuo cuore, ma che fuori ancora non cambia nulla, allora decidi se ha senso restare. Non è un male avere difficoltà: è un male non farsi aiutare a risolverle. Non è un male avere limiti, è un molto rischioso invece pensare di farcela da soli – o con metodi “fai da te”, come gli amanti. Da soli non possiamo fare nulla. Non è un male avere paura: è un male lasciare che questa paura paralizzi e vinca l’intenzione di esserci e di continuare a lottare e soffrire e crescere e vincere. Assieme.

Alessandro D’Orlando






mercoledì 23 settembre 2009

INSODDISFAZIONE

L'insoddisfazione è un fuoco sacro, diceva Krishamurti.

Senza non c'è spinta al cambiamento, non c'è forza nè energia per crescere e cambiare.

Essere insoddisfatti delle relazioni che si vivono, del lavoro che si fa, del proprio modo di vivere la vita: questa insoddisfazione è la spinta della pianta che esce dal seme nella terra.

Lascia che cresca, non cercare si soffocarla: benedici l'insonnia, l'ansia, l'angoscia, il vuoto e il dolore e delicatamente lascia che arrivi la comprensione di come trasformare questa insoddisfazione per diventare tu il cambiamento che vuoi vedere all'esterno.

Non insistere perchè l'altro cambi.

"Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo", diceva Gandhi.

Solo così l'insoddisfazione non diventa arroganza o cinismo.

Guardati dentro e riconosci che ciò che ti limita è un riflesso della tua anima.

Che non sono gli altri limitati.

La tua anima è limitata.

Limitata da pensieri ed emozioni che la vita ti ha lasciato in eredità dalle centinaia di generazioni prima di te.

Smetti di sognare ciò che vuoi e guarda a questi limiti:
altrimenti i sogni addormentano la tua insoddisfazione

e torni a dormire.

AD

ANDARE E VENIRE

L'amore è fatto di confini e prese di posizione, il cuore ha bisogno di confini e di prese di posizione. Ha bisogno di frasi come "andiamo assieme laggiù...", oppure "ti darò forza per fare quello che serve...", oppure "starò con te se e quando ne hai bisogno...", "se avrai paura ci sarò...", "se avrai freddo ci sarò...", "se soffrirai ci sarò...", "ora ci sono...", oppure "ti seguirò anche all'inferno"....

Un cuore che non può contare su una coscienza così, una coscienza che mette limiti e confini, una coscienza che guida e aiuta; se ha a che fare con una coscienza che va e viene a seconda di come riesce, di come si sente, dell'energia che di volta in volta ha, è un cuore disperato.
Uno che soffre di attacchi di panico ha un cuore disperato: la coscienza non sta con la paura del cuore, sta su una sedia di tribunale e giudica e sentenzia.

Chi ha avuto genitori così da bambino, genitori che giudicavano e basta, o solo che andavano e venivano (ad esempio genitori depressi), da adulto non riesce e contenere il proprio cuore, a dirgli: ci sono sempre per te. E non può farlo nemmeno con un altro. E nemmeno in un rapporto di coppia. Non riesce a restare, riesce solo a giudicare, o a andare e venire.

Così si va e si viene, in base a come ci si sente e a come è l'umore del momento, senza andare a fondo e senza voler capire veramente cosa si sta vivendo. Stare in un rapporto significa alle volte soffrire, ma anche esserci nel dolore è amore, perchè l'amore è attenzione, non è un dolce miele.

Un legame così, fatto di andate e di ritorni, genera disperazione.

Il legame c'è o non c'è: anche il legame intermittente non c'è - la sua presenza è una illusione.
Se uno soffre in questa illusione e dice "soffro", l'altro può sempre dire "ma io ci sono", negando così la sua assenza. Ma resta il fatto che il legame c'è o non c'è.

Così, se stai in una relazione dove senti che l'altro va e viene, semplicemente vivi questa disperazione, comunicala, cerca di condividerla: ma se senti che non è capita, allora rifletti sul fatto che forse, la persona che hai davanti è più disperata di te, perchè la sua disperazione nemmeno la vede, e si limita a recitare passivamente il ruolo del carnefice così come una volta è stato vittima in casa sua.

Tu sei lei, e lei è un suo genitore probabilmente.
Lei in te rivive all'esterno la sua disperazione, e così se ne libera provvisoriamente.
Tu in lei puoi rivivere la tua disperazione che provavi con i tuoi genitori - con tua madre più probabilmente.

Così, nell'andare e venire, ciascuno riattualizza qualcosa del suo passato, e può tornare a ricordare.

E liberarsene.

O tornare a dimenticare.

E ripetere all'infinito lo stesso dolore.

AD

lunedì 21 settembre 2009

RELAZIONI DA CUORE A CUORE

Nella PNL non esiste quello che nella psicologia umanistica si chiama "la parte più autentica di sè stessi". Almeno per quello che Bandler diceva.

Oggi dopo anni di terapia personale, posso dire che esiste qualcosa che è la parte più autentica, e libera dal carattere. Non è facile contattarla ogni giorno, ma è poossibile starci sempre più spesso, e questo è l'obiettivo principale di ogni psicoterapia.

Essere davanti a qualcuno, fargli sapere come stiamo senza fingere, e cosa pensiamo, ma soprattutto cosa sentiamo a livello di emozioni.
E permettere all'altro di rimadarci il suo senitire.
E stare in questo dinamismo di una relazione IO-TU, come la chiama Martin Buber.

Non è facile. Significa diventare esseri umani, ma non è da tutti, nè una volta per tutti.

Ci vuole coraggio, pazienza, fiducia e costanza e la capacità di sopportare milioni di cadute.

Ma ogni volta che questo contatto si realizza, tutto ha un senso nuovo e profondo. E la vita assume un altro significato.

AD

venerdì 18 settembre 2009

Le relazioni sono semplici

Alla fine fine, se c'è un insegnamento che uno apprende dal lavoro con le costellazioni familiari, è quello di imparare a sentire l'altro, sia esso presente o meno.

E' possibile sapere se ci è vicino, se ci è lontano col cuore, anche il momento esatto in cui avviene uno stacco.

E' possibile anche avere la percezione di un "movimento energetico", che descrive, nell'arco di pochi minuti o pochi giorni, quello che è lo schema di relazione di quella persona con il mondo e con noi in particolare.

Quella persona scappa sempre, o resta attaccata? Si attacca e poi scappa, con che frequenza? E in che misura?

Così, fenomenologicamente, si può già capire come saranno i giorni a venire in una eventuale relazione con quella persona - facendo attenzione a questa semplice regola: le persone non cambiano.

Si potrà quindi evitare di cadere nella solita trappola: confido che cambierà...
In realtà pochi cambiano, e solo dopo un trauma vissuto con consapevolezza, o una terapia personale.

Per il resto, come diceva Gurdjeff, siamo solo dei burattini.

Alessandro D'Orlando

martedì 25 agosto 2009

Il momento del dolore

Ci sono momenti in cui non c'è nessuna altra alternativa sensata oltre alla sofferenza ed al dolore.

Senza attaccamenti, senza esltazioni del dolore o autoesaltazioni.

Senza nemmeno volerlo evitare con le migliaia di tecniche immaginative e fisiche possibili.
Nessun progetto per il futuro, nessuna fuga nel presente, nessun rimpianto per il passato, nessuna speranza.

Starci, semplicemente, perchè pulisca quello che c'è da pulire, fino alla fine.

Poi si può ricominciare. Di qualsiasi cosa si tratti. Da qualsiasi momento voglia arrivare la fine del dolore.

BUSINESS E ETICA RIUSCITI

http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/ambiente/alghe/alghe/alghe.html

martedì 18 agosto 2009

SEGNALO QUESTO ARTICOLO

http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/ambiente/transition-town/transition-town/transition-town.html

sabato 15 agosto 2009

NON SAPPIA LA MANO DESTRA COSA FA LA MANO SINISTRA

Alle volte viviamo come se sapessimo la nostra storia, come se stessimo preparando una storia per qualcuno che vorrà ascoltarci, viviamo raccontandoci anche come sarà il nostro futuro e la nostra fine, e la nostra identità stessa si fonda sulla storia che ci raccontiamo di noi.

Ma se questa storia fosse falsa?

I pragmatici dicono che la storia deve aiutarci a vivere e lavorare, non importa se sia vera o no.

Agiamo e diamo poi un senso alle nostre azioni, buone o cattive che siano, false o vere che siano le motivazioni, benevole verso di noi o punitive.

Ma oltre questa storia cosa c'è? Se arriviamo al punto in cui nessuno ascolterà più la nostra storia, se accettiamo di non sapere la nostra storia nè quello che siamo e che vogliamo. Se per un momento ci disinteressiamo di qualcuno che vorrà ascoltarci (e a cui ci si può affezionare per questo) e accettiamo la solitudine in cui viviamo.
Se smettiamo di agire e di dare un senso a questo agire.

Se per un momento ci poniamo in quella dimensione... che succede?

In fondo, la morte è uno di quei momenti: quello che eravamo perde di importanza, quello che saremo non lo sappiamo e ci sfugge - se osiamo andare oltre a quello che crediamo - e non ci sarà nessuno ad ascoltare la storia di quello che eravamo e che ci sta accadendo.

Siamo soli davanti al Nulla, nel Nulla, con Nulla tra le mani.

Forse c'è grande energia lì.

Si può vivere così ogni giorno?

Come sarebbe la vita, e l'energia, in uno stato di coscenza di questo tipo?

Quanta forza personale serve per reggere a questa energia?

A.

sabato 8 agosto 2009

PERDERE E' LA PRIMA COSA CHE FACCIAMO E L'ULTIMA CHE IMPARIAMO

Il titolo è un detto degli indiani d'america, almeno così mi è stato passato.
Credo che sia importante il messaggio che porta: non ci sarebbero così tante sofferenze quando le cose non vanno come dovrebbero nei rapporti di ogni giorno.

Non ha senso cercare di capire cosa sta dietro l'azione di una persona, soprattutto se dietro questa ricerca si nasconde l'illusione di controllarla, di prevederne le mosse, di proteggersi da lei.
Lo si può fare, certo, ma richiede fatica e la posta in gioco deve essere alta. Soprattutto non si opera in un regime di parità: è più qualcosa che ha a che fare con la manipolazione, la seduzione, la guerra psicologica per vincere sull'avversario e avere da lui quello che ci serve.

Ma quando è l'anima dell'altro quella che vogliamo, il suo amore, il suo cuore, a quel punto non resta che accettare di essere su un piano di parità: su quel piano possiamo anche essere deboli e impotenti davanti alle chiusure dell'altro. Possiamo solo aspettare - se ce la facciamo - che l'altro decida cosa vuole fare: se procedere o meno, e come.

Su quel piano si tratta, ci si scontra, ci si confronta, ma sempre su un piano di parità.
Anche con il rischio di perdere.

Vincere con l'astuzia sarebbe equivalente ancora a perdere.
Si vincerebbe una persona che non ha la forza per sostenere il ruolo che le è stato dato.

Così, ancora una volta, l'unica cosa che vale la pena fare è ritirarsi. Aspettare, se si vuole farlo.

Ho visto molti pazienti impegolarsi dentro situazioni sempre più intricate solo perchè rincorrevano qualcuno. Non ne vale la pena. Soprattutto se il prezzo è un progressivo indebolimento.

Alessandro D'Orlando

venerdì 7 agosto 2009

COME FINISCONO LE STORIE

Alle volte si lotta contro la fine di una storia, ostinandosi a cercare un sentimento dientro il male che l'altro compie. Ci si ostina a cercare la luce che sta oltre le azioni e le parole che allontanano.

Ma così ci si procura solo sofferenza.

Nelle storie c'è sempre chi se ne va per primo, e quello può farlo semplicemente al posto dell'altro.

E c'è sempre un innocente che si accanisce sul colpevole, e la rabbia dell'innocente è spesso peggiore del colpevole, perchè è la rabbia del giusto.

E c'è sempre che si lamenta che non ha abbastanza, perchè non riesce ad ammettere che non è abbastanza ciò che dà.

Così tutto si confonde: chi resta vuole trattenere chi se ne va non riconoscendo la propria voglia di andare, chi si accanisce contro l'altro non riconosce la rabbia sproporzionata, chi si lamenta non si accorge delle proprie carenze.

Tutto si rovescia e si confonde.

Non resta che stare fermi, aspettare.

Immobili, senza andare verso l'altro, nè allontanarsi, cercando di ricostruirsi una vita da soli.
Chiarendosi dentro.
Ammettendo le proprie colpe...
Dopo si può, forse, ricominciare.

Spesso invece si trattiene l'altro senza diritto, o ci si allontata prima del tempo.

Bisogna invece fare come i cacciatori, fermi, fino all'ultimo giusto centimetro dalla preda.

Il dolore acuto allora prepara a un nuovo inizio, o a qualcosa di totalmente nuovo.

Alessandro D'Orlando

giovedì 6 agosto 2009

La parte più umana dell'essere

Alle volte le cause vanno sostenute anche se sono cause perse, non perchè c'è l'illusione che possano essere vinte, ma semplicemente perchè la lotta per queste cause mantiene viva quella parte di noi che è ancora umana. Non si tratta di illudersi di vincere, o di sperare di vincere: si tratta semplicemente di sentirsi umani, coerenti con quelle forze in noi orientate alla vita.

Le cause sostenute possono volere giorni, o forse secoli, e lo spirito è semplicemente quello di stare in un flusso che permette di mantenere l'ispirazione e la vitalità.

Kant una volta scrisse qualcosa del genere: "La differenza tra un essere umano e l'universo è che l'essere umano può guardare l'universo mentre lo sta per annientare, ed esserne consapevole".

Credo che sia vero: possiamo guardare al Male mentre impeversa, essendone consapevoli, anche nella totale impotenza.

Questo ci àncora nella pura percezione, senza l'ossessione continua di agire: da questa pura percezione senza urgenza può nascere una parola, un gesto, una forza che può - forse - cambiare qualcosa.

Se non altro, dentro di noi - come ad esempio, la libertà dalla paura.
Ed è già la vittoria principale.

A.D.

Ti stai solo scaldando

Ci sono momenti della vita dove ci si sente soli, dove non arriva il calore della amicizia, o delle relazioni di ogni giorno, dei sogni sul futuro o dei ricordi. Alle volte ci sono dei momenti dove ci si può sentire anche dimenticati dalla Vita, e da un senso da dare alle cose.

Quelli sono i momenti in cui ci si lascia andare, o si reagisce pensando che ci si deve rialzare (dando per implicito l'insidioso presupposto che si è caduti per terra), o si pensa che quello è il momento in andare avanti con tutte le proprie energie, senza risparmiarsi... Comunque sia, ci si dimentica che alla fine si tratta - forse - della rappresentazione di un semplice dramma, e che la frase che può aiutarci è quella che Milton Erickson, il più grande ipnotista mai esistito, disse una volta ad un paziente: quando pensi di essere arrivato alla fine, in realtà pensa che ti stai solo scaldando...

Ti stai solo scaldando, e bel altre sono le sfide che ti aspettano, e non è detto che siano solo sfide in cui sopportare una perdita, forse sono anche sfide in cui rischi di conquistare qualcosa.
Essere bravi in tutte e due le cose non è da tutti.

Buon viaggio

Alessandro D'Orlando

martedì 21 aprile 2009

Passaggi obbligati

Passaggi obbligati

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Inserito da Redazione lunedì 22 settembre 2008

Qualche tempo fa, riflettendo sulla mia vita, sulle mie aspettative e sui miei desideri e valutandone successivamente l’effettiva realizzazione, sono giunta ad un’illuminazione o “insight”, come diciamo noi psicologi: per essere felici in 3, bisogna prima essere felici in 2 e ancor prima essere felici in 1 solo.

Ora spiego meglio cosa intendo: per formare una Famiglia (il 3) bisogna prima formare una coppia.

Per concretizzare una vita di coppia davvero felice (ciò che io chiamo 2) bisogna prima riuscire a vincere le proprie nevrosi e completare un certo percorso, diverso per ognuno di noi, di crescita e sviluppo personale, di conoscenza di chi siamo e dove vogliamo andare e soprattutto di cosa siamo disposti ad investire nel mondo delle relazioni e di che cosa siamo pronti a ricevere. Solo se sei la Regina del tuo regno puoi trovare il tuo Re, la principessa non può governare un regno, la principessa continua a trovare principi.

Allora la maturità per me è sentirsi principessa e affrontare le prove necessarie per diventare Regina, un percorso obbligato che da senso alle mie scelte e mi da la forza di accettarne le conseguenze (questo per me è l’1).

Una volta conosciute le proprie nevrosi, per esempio, si possono adottare comportamenti diversi dal solito, in modo da “guarirle” o almeno “aggiustarle”, evitando così di trascinarle all’interno della coppia.

Tutto ciò certo non basta per far funzionare una coppia, ma aiuta: se gli ingredienti sono buoni e sani, anche la pietanza può essere cucinata bene, sta ai cuochi farne un buon uso e se questo avviene ci sono i presupposti per l’amato 3….

Daniela Marega

Un’altra testimonianza

Un’altra testimonianza

Categoria » Articoli/Video
Inserito da Redazione sabato 20 settembre 2008

Questo pomeriggio ascoltavo per la centesima volta una canzone ma devo aver prestato più attenzione alle parole (forse ero più in ascolto) e l’ho collegata al tuo articolo sull’anormalità e mi è venuta voglia di condividere questa mia riflessione.
La canzone dice (tra le altre cose) ……che noi siamo preoccupati dei pericoli che arrivano dalla strada, dalle guerre, ecc ma il vero pericolo è quello di non sentire più niente…….. e poi continua.
Quasi tutti noi viviamo di corsa, sempre avanti, mai fermarsi, lavoro, divertimenti, viaggi, ecc. ecc. una giostra che gira, gira senza fermarsi.
Perché fermarsi vuol dire cominciare a sentire quello che proviamo, quello che ci manca (e che riempiamo di cose da fare, di cazzate), cosa abbiamo veramente bisogno.
E allora solo chi ha coraggio si ferma, si guarda dentro e comincia a lavorare su se stesso.
Sia che lo faccia con terapie di gruppo o individuali, sia che lo faccia da solo, comincia un percorso sconosciuto, spesso impervio fatto di tante salite, tanti ruzzoloni forse qualche discesa, dove verranno versate molte lacrime, ma saranno lacrime per se stesso che serviranno, come fossero delle lenti particolari, a guardarsi dentro, a vedere di cosa hai veramente bisogno.
Molto probabilmente non ci vuole solo coraggio, ci vuole un po’ di “incoscienza”. Ben venga se serve a far venir fuori una persona “autentica”, “vera”, che vive quello che sente con libertà senza pensare a quello che gli altri possano pensare solo perché sceglie di passare un pomeriggio a lavorar su te stesso.
Grazie per quello che scrivi, magari non subito (almeno x me) ma serve per riflettere
A ……. quando ci vediamo
F.

Vivere morendo e morendo per vivere.

Vivere morendo e morendo per vivere.

Categoria » Articoli/Video
Inserito da Redazione giovedì 18 settembre 2008

Vivere morendo e morendo per vivere.
Siamo condannati a costruire, qualsiasi cosa facciamo.
Costruiamo ogni giorno relazioni affettive, professionali, oggetti e idee. Il nostro esistere lascia così una inevitabile traccia nel tempo, dietro di noi, e produce – volenti o nolenti – conseguenze che ansiosamente sappiamo che non potremo mai prevedere del tutto o controllare.
Così siamo tentati di rendere i nostri passi sulla sabbia sempre più leggeri e felpati: potremo così impedire a qualcuno di seguirci, potremo dileguarci efficacemente quando la situazione si fa insostenibile, potremo forse ritornare sui nostri passi una volta scoperto l’errore senza accorgerci – noi stessi o gli altri - nemmeno dell’entità dell’errore dalle nostre tracce.
Così le scelte di dove vivere, con chi, con quale lavoro e le filosofie di vita inseguite divengono sempre più evanescenti come le nostre orme: tutti e tutto possono sempre più essere scambiati con tutti e tutto il resto, in un Universo di contatti sempre più fugaci e meno intensi.
Ma come dimostra il successo delle storie con gli eroi al cinema e nella letteratura - la scelta irrevocabile, di un punto di non ritorno, di un atto dalle incancellabili conseguenze – la scelta di camminare pesanti sulla sabbia, di legarsi per sempre a qualcosa o qualcuno – la scelta di puntare i piedi e mettersi in gioco completamente a ogni costo – tutto ciò continua ad evocare in noi un fascino lontano e irresistibile e ci porta ad ammirare chi dimostra di saperlo fare.
Nel profondo sappiamo che vivere un’esperienza fino in fondo, con convinzione, accettando le conseguenze senza recriminazioni, senza “se” e “ma”, pagandone l’intero prezzo, anche se questo rischiasse di implicare la morte, la malattia, l’infelicità più profonda, la follia: ciò dimostra forza e apporta forza all’Anima, ma è una strada per i pochi che scelgono di andare oltre la cultura moderna e la sua arrogante razionalità.
In un’epoca di razionalità, l’unica strada sensata è quella dell’”Uomo dell’organizzazione” come direbbe William White nel suo omonimo libro, sempre meno imprenditore e sempre più manager anonimo di una macchina pre-impostata.
L’unica strada è quella dell’amore promiscuo e del tradimento (dei vari menage a tre o più o degli exchangers, che cercano sollievo da una fedeltà che appesantisce ed amplifica le sofferenze e le paure individuali).
L’unica strada veramente razionale è quella dell’azionista pronto a investire sul prodotto migliore ma anche a disinvestire con la massima rapidità – e non importa se questo prodotto è la persona “che amiamo” (sempre più sostituibile nel mondo di Internet e degli sms), un lavoro (ad affitto e comunque flessibile), un oggetto (che il leasing sostituisce sempre con uno più nuovo), un’idea (che si mescola nei relativistici discorsi alla De Filippi), una emozione (che cambia con un pulsante del telecomando), una sensazione fisica (che cambia con una pastiglia).
L’unica strada razionale è quella di puntare ad essere il più comodi possibili, di soffrire il meno possibile, di ottenere il massimo dalla vita con il minimo sforzo, calcolando accuratamente tutti i rischi.
L’unica strada razionale è anche mentire o tacere delle cose importanti: assicura onori, denaro e potere, sicurezza, salute, gloria davanti al mondo e lunga vita.
E poi c’è la strada completamente irrazionale.
Quella di chi sceglie di dire la verità è per il quale ogni ora di vita o di felicità è per questo regalata.
Quella di chi sceglie una persona o un lavoro per sempre, con convinzione, con la mente che, ascoltato l’impulso del cuore, dichiara al mondo la sua intenzione, anche se poi questo significherà dolore e sofferenza.
Quella di chi può rimanere spezzato nell’anima, nel cuore, nella mente o nel corpo se le cose non vanno poi nel giusto verso: povertà, malattia, follia, morte, solitudine e i mille fantasmi che accompagnano quello che è anche un viaggio dell’orrore verso l’ignoto del futuro.
Così, logicamente parlando, si perde la propria vita: perdendo i propri sogni anziché creandone di nuovi, rinunciando ai propri obiettivi anziché resistere nella lotta, rinunciando ad una lunga e salutare esistenza fisica, alla piena felicità emotiva permanente, alla soddisfazione della mente nutrita da incontri, idee e persone interessanti e sconosciute, rinunciando alle gioie dell’anima che un quadro, una meditazione, una guida possono dischiudere dietro alla prossima curva.
Vivere così, con la morte dentro, con la fine di tutto sempre imminente: la fine del corpo, la fine degli affetti, dei sentimenti e della gioia, la fine delle proprie meravigliose doti intellettuali e delle proprie idee, la fine della salvezza della propria anima sempre in corsa verso il paradiso, lontano dall’inferno.
In tutto questo non c’è più niente di razionale: la distruzione è probabile quanto e forse più della costruzione, il dolore quanto e forse più della gioia, la morte quanto e forse più della vita, il ripudio e la miseria materiale e spirituale quanto e forse più del successo.
C’è un detto Zen che dice: “Quando il tuo arco si è spezzato ed hai lanciato la tua ultima freccia, allora lancia, lancia con tutto il tuo cuore”…. mettere il cuore in ogni relazione e in ogni cosa, sapendo di poter morire per ogni relazione e ogni cosa. E giocare tutto quello che si ha, fino alla fine – sapendo che si potrebbe perdere tutto prima ancora di aver iniziato a giocare e di aver capito come si gioca, restando con il becco di un quattrino – soli e derisi - nel pieno delle proprie energie e della propria vita[1]: forse anche così l’anima ritorna davanti al Mistero della Morte e della Sofferenza, con la possibilità – e solo grazie alla Misericordia (come direbbero i Cristiani), o la fortuna (come direbbero forse gli stoici) – di aprire il Cuore ad una profondità che, forse, alcuni tra noi non potranno mai conoscere.
Alessandro D’Orlando


[1] E forse il gioco d’azzardo è anche l’ingenuo surrogato di questa scommessa spirituale…

Video breve e poetico sul pensiero

Video breve e poetico sul pensiero

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Inserito da Redazione giovedì 11 settembre 2008

copia indirizzo e vai su:
http://it.youtube.com/watch?v=yMMM_9oSTxY

domenica 19 aprile 2009

L’anormalità della normalità

L’anormalità della normalità

Categoria » Articoli/Video
Inserito da Redazione sabato 6 settembre 2008

Ho sempre incontrato tante persone e colleghi, e pure il sottoscritto si include in questo gruppo, che si chiedono se è normale dedicare fine settimana, migliaia di euro, lacrime e sudore e serate alla crescita personale (terapie di gruppo, corsi sul carattere, sul respiro, sulla meditazione...).

Mi ricordo che una domenica guardavamo da una finestra sul centro di Trieste le persone che camminavano placide, mentre noi da lì a poco avremmo ricominciato con una sessione di body work (tradotto: lavoro sul corpo che fa pingere e ricordare eventi ed emozioni rimosse ....). Ci chiedevamo che senso aveva lavorare per soffrire, e poi lavorare per sistemare la sofferenza che la terapia faceva resuscitare...

Oggi, vedendo cosa succede nel mondo e vicino a me - uso maniacale e distruttivo dell'energia sessuale, disconoscimento del valore delle persone sul piano umano o professionale, ambizione cieca e ingordigia, menzogna sulle verità a livello sociale o personale, sadismo verso i più deboli ... - capisco che la normalità è una conquista.

Sotto una apparente calma, nella vita privata di ognuno di noi si casconde un caos.

La coerenza tra la vita privata e sociale,

tra i pensieri e ciò in cui crediamo e le emozioni e le azioni che compiamo ogni giorno,

questa coerenza non è comune: è straordinaria.

Essere semplici come può sembrare che siamo, quando passeggiamo in una bella giornata di sole in una strada qualsiasi del mondo sorridendo,

questa è una conquista - e semplice non vuol dire facile.

Ed essere ciò che pensiamo e diciamo e vogliamo essere non è una partenza: è un arrivo.

Amare la nostra vita e il mondo così come sono non è scontato: è un dono miracoloso.

Essere umani in un corpo da essere umano non è un regalo della nascita: é frutto di una fatica erculea.

Ben vengano allora i corsi e le lacrime e le ore perse... quel che resta - secondo me e le persone che lavorano su di sè - non è un sorriso divertito di una bella giornata - pur facendo esso a piano titolo parte della vita di ogni essere umano ! - ... ciò che resta è - anche con gli occhi rossi e con un senso di spossatezza - un senso di pace, di coerenza, di umanità e la sensazione di giudicare molto meno sè stessi e gli altri.

L'anima ha probabilmente i temi di evoluzione delle galassie: ben vengano allora tutti i corsi e i percorsi che la sostengono in questa passeggiata che a volte attraversa il deserto.

Alessandro D'Orlando

Radici e frutti

Radici e frutti

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Inserito da Redazione lunedì 1 settembre 2008

Spesso mi sono chiesto a cosa servono i sogni: averli o no? Indeboliscono o rafforzano?

Oggi sento che i sogni sono come una guida: rappresentano ciò che sono i nostri desideri più profondi.

Non seguirli significherebbe perdere l'esperienza di vivere in maniera coerente ciò che si è. Un sogno che si manifesta come sciocco dopo un lungo viaggio è meglio di un sogno mai vissuto.

E meglio del sogno sciocco è il sogno che nasce dalla meditazione, dal raccoglimento in se stessi e dalla percezione della vita nella sua interezza - la nascita, la morte, la vecchiaia, la malattia, la sfortuna, il Male e il Bene, l'Amore e la Perdita.

Allora il sogno può essere al servizio della vita.

Vivere solo di sogni e della propria preziosa unicità porta alla follia, al delirio e alle allucinazioni: è un misero ritiro narcisistico, verso la psicosi, direbbe Erich Fromm.

Vivere a contatto della realtà esterna senza percepire la propria preziosa unicità porta all'alienazione: tutto si riduce a semplici oggetti senza significato, come nel libro La Nausea di Sartre (1).

Allora diamoci l'occasione di sognare, ma ancoriamo i sogni alla terra con il raccoglimento: allora siamo un albero con una grande chioma, ma anche con delle fortiradici che possono sostenere questa chioma.

O la chioma (i sogni) potrebbero far crollare l'albero, così come le radici senza frutto non servirebbero alla Vita....

Alessandro D'Orlando

(1) che per S. Grof, scopritore della respirazione olotropica, è rimasto incastrato in una esprienza perinatale di base del II tipo, durante la nascita e il percorso lungo il canale del parto... - v. Psicologia del Futuro, ed. red 2000.

Perche' credi ai complotti, perche' non credi ai complotti

Non credi ai complotti perché ti piace vivere sereno, pensare che andrà tutto bene, che continuerai ad avere lo stesso stile di vita o forse...